Lo Spazio per l’Arte Contemporanea di Tor Bella Monaca, giunto al terzo appuntamento dopo l’intervento di Giacinto Cerone nel 1999 e di David Tremlett lo scorso anno, presenta Spoglia d’oro su spine d’acacia di Giuseppe Penone.
Un muro di trentasei metri quadri riempie la parete dello spazio espositivo. Una membrana vibrante, tattile, allusiva, lirica. La pelle dell’artista, la sua impronta, si fa oggetto, monumento. Penone ha impresso la traccia della sua bocca, l’ha ingrandita e disegnata su trenta tele, ha velato le tele di seta, ha voluto ricoprire il disegno di spine d’acacia, ha collocato a fior di labbra una lamina d’oro che reca l’impronta delle sue dita.
Si scatena una serie di rimandi e associazioni nel solo atto di elencare i materiali e le suggestioni che compongono l’opera. Così la pelle è una mappa, l’impronta è linguaggio, l’oro è luce, le parole sono spine, e le spine sono terminazione nervosa, di nuovo pelle, limen, soglia, diaframma – attraversabile, permeabile – tra esterno ed interno, tra individuo e mondo, tra uomo e natura. Le tensioni tra materiali si trasformano in tensione simbolica. La percezione muta avanzando verso l’opera, al mutare del punto di vista. Spoglia d’oro su spine d’acacia non si esaurisce in un colpo d’occhio. Chiede una riflessione, un secondo sguardo, un nuovo incontro.
Penone non ha voluto realizzare uno specific site project, ma un’opera autonoma, a cui tornare, nata ed elaborata all’interno dello spazio espositivo, trasformato in studio durante la fase esecutiva, e la cui esistenza è però pensabile in qualunque altro spazio.
E si impone allora un parallelo tra l’opera presentata e l’operazione curata da Daniela Lancioni con il progetto Tor Bella in Opera, che ha dato vita ad uno degli spazi culturali più intelligenti e validi di Roma, già attivo dall’inizio degli anni novanta grazie all’impegno e all’attività dell’associazione Beat ‘72. Uno spazio che realmente interpreta l’idea di arte fuori centro, intervenendo senza ipocrisie in un contesto urbano periferico con proposte difficili, con autori di alto profilo, senza pretese di evangelizzazione.
Si fa cultura quando si ha coscienza che via Nazionale e Tor Bella Monaca sono luoghi di una città in cui è possibile presentare interventi identici, proponendo una reale osmosi tra centro e periferia. Allora acquista ancora più valore la proposta di Penone, il cui intervento è in continuità con temi e forme sviluppate nell’arco della sua ricerca artistica, nata nel contesto dell’Arte Povera, e in relazione alle sue proposte più recenti presentate al Musée d’Orsay, alla Fujikawa Gallery di Osaka, al Musée des Beaux Arts di Nantes.
Il lavoro è stato articolato in due momenti, una fase progettuale ed esecutiva, a cui hanno attivamente partecipato un gruppo di studenti della Facoltà di Scienze Umanistiche dell’Università di Roma La Sapienza, coordinati dall’artista che ha voluto interpretare lo spazio come studio, e il momento espositivo in cui l’opera funziona come monumento, autonomo rispetto ai vincoli dello spazio dato. Il Centro per l’Arte Contemporanea continuerà la sua attività con un ciclo di incontri sull’opera e sull’attività di Giuseppe Penone realizzato all’interno del ciclo Racconti d’Artista. Dieci artisti raccontano i loro segni sul muro, e con i laboratori didattici a cura della cooperativa Informa d’Arte. A testimonianza del fatto che la cultura è dialogo e confronto, che l’arte vive dell’incontro tra autore e fruitore.
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