Nugae, chiamavano i poeti latini quei carmi brevi, spesso scritti in metro vario, a cui non si voleva dare l’importanza del metro dotto dell’elegia,
dell’epigramma o dell’epitalamio. Cose da poco, insomma, senza peso, anzi, per lo più “futilità” relative a momenti non ufficiali o celebrativi dell’esistenza; ma non è forse fra le pieghe degli accadimenti più semplici e banali, nei momenti sottratti a ogni preordinata finalità che si nasconde la poesia ?
La distesa leggera di disegni di ogni formato, dimensione, colore e tessitura, che aleggia nella mostra di Miltos Manetas da Valentina Bonomo a Roma, ha questo carattere. Colpisce immediato il senso di felice raccolta di momenti disposti in un grande scenario – le pareti della galleria – che li comprende tutti e li armonizza come parti di uno stesso testo, dove ognuno occupa il proprio attimo di esistenza, proprio come le note e i timbri dentro un componimento musicale che ha bisogno di tutte le sue parti per essere suonato. Manetas, poi, come è solito fare, li destinerà a una seconda o a una terza vita, li duplicherà in svariate forme con un clic fotografico, con una videoripresa o, come questa volta, fra le pagine di un libro – non un catalogo – prezioso, con i suoi 50 retro di copertina differenti, e pubblicato da Nero, ma, attenzione, con lo stile e la griglia grafica, modificata e adattata per l’occasione, delle edizioni di Coazinzola Press; dunque discretamente complesso, perché ogni particolare ha un peso e fa la differenza nel lavoro singolare – e tuttavia plurale – di un artista come Miltos Manetas.
A ogni modo, la freschezza dell’attimo è solo, lì sulla carta, dove il ductus della mano fa trapelare umore, stato d’animo, condizioni in cui li ha siglati l’autore. Persino la maniera di allestirli trapassandoli con degli spilli, abbastanza lunghi da tenerli staccati dalla superficie del muro, pare un tentativo di preservare il tempo trafitto in istanti sospesi, a garantirne la fuggevolezza e il carattere transitorio, dove scorre ancora un palpito di vita.
Tutto è GRATIS, proprio come la felicità; nessun disegno è in vendita, ciascuno potrà fare la propria scelta e prenotare il disegno preferito a condizione che Manetas, possa installarlo, poi, nel luogo che giudicherà più consono per il destinatario, il quale non potrà più modificarne la posizione. La cosa importante è evitare la cornice che condannerebbe la registrazione di un attimo fuggente – quale che sia la forma assunta, secondo la definizione di Manetas di drawings for existential computing – a diventare “un’opera d’arte”.
“Mέμωρι”, il titolo, ha i caratteri greci, per non confondersi con il concetto più
ampio di “memoria”, avvicinandosi, invece, a una computer memory stored information that can be put to use, poiché tutto quel che facciamo trova un suo preciso parallelo, oggi, nel deposito d’informazione dei computer che, secondo Manetas, deve solo essere posto in uso, per funzionare.
Vogliamo cancellare una volta per tutte dal nostro vocabolario la parola “originalità” ? E’ forse venuto il momento di farlo; ma allora, perché ci sembrano tanto insostituibili – originali ? – anche gli spazi lasciati fra le cose, le evanescenze del programma, il sospeso e la pausa, nell’avventura che si snoda ancora e ancora, e che trova sempre nuovi svincoli e vie, per portare avanti l’opera, iniziata ormai nei lontani Anni ’80, da Miltos Manetas?
Miltos Manetas: Mέμωρι, vista della mostra
Ogni volta l’artista aggiunge un dettaglio, una tonalità, compie uno spostamento che ravviva la nostra curiosità, anche quando ci sembrava già di sapere e scopriamo invece che non avevamo riflettuto abbastanza, poi ci prende per mano e ci accompagna dentro le incertezze del mondo globale, che solo lui sa analizzare con i sofismi del filosofo e sa farci vivere con la grazia che può avere un bambino.
La mano che disegna sul libro a stampa e “attiva” il ready made libro, con nuovi disegni per la gioia di chi lo riceve, ogni tanto nello scrivere si piega, rovesciando una lettera come a darle la sua connotazione speculare, come a mostrare che tutto è qui e là contemporaneamente e c’è un dritto e un rovescio sempre, a seconda del punto da cui lo guardiamo.
Tutto ciò che avviene in un contesto trova il suo doppio di base, oppure specchiato. Anche il cosmo si rimira e, forse, prende coscienza di sé nella parte occupata dalle particelle a specchio; qui, appena una mano traccia un segno, l’altra è già pronta a registrarne l’esistere grazie alla fotocamera del cellulare. Per terra ci sono cavi sparsi che alludono al nostro destino di uomini che non sanno di esistere se non sono interconnessi, c’è lo sgabello vissuto, reale, di un artigiano e gli strumenti che sono serviti per il lavoro di montaggio a dimostrare l’aperta condizione di un dentro e di un fuori la mostra, che coesistono.
Quando Miltos Manetas è in scena qui e ora, tutto invece continua, nel prima e nel dopo, poi curva sterzando, come un pianeta che vira velocissimo e sembra uscire dall’orbita, ma è solo apparenza perché la personalità di Miltos è sempre tra presenza e assenza, come una scrittura poetica che va letta ad alta voce per avvertire, come in un sentito do di petto, che esiste e che possiamo incorporarla, anche in sua assenza, dentro di noi.
Nel testo “rubato” di Per Aage Brandt che resterà segreto ai più, perché Manetas ha voluto sia stampato a rovescio, c’è una frase che dice: “La poesia ha un rapporto molto particolare con la realtà. Non escluderei che possa cambiare il mondo, anche se ci vorrebbe del tempo”.
Questo tempo, sembra che Miltos Manetas sia uno dei pochi, oggi, a volerselo prendere.
Giovanna dalla Chiesa
mostra visitata il 6 ottobre
Dal 6 ottobre al 17 novembre 2017
Miltos Manetas: Mέμωρι
Via del Portico d’Ottavia 13, Roma
Orari: da martedì a sabato 15:00 – 19:00
Info: info@galleriabonomo.com, Tel: +39 06 6832766