15 novembre 2010

fino al 17.XII.2010 Elvio Chiricozzi Roma, Fondazione Volume!

 
L’impossibile incontro della pittura e dello spazio genera una dimensione sospesa. Sollecita l’immaginazione, ma ripropone la vexata quaestio del significato della vita. E della morte...

di

Un’auto che va / basta già / a farmi
chiedere se / io vivo
”, cantava Lucio Battisti nel 1972. Ciò che non muta di Elvio Chiricozzi (Viterbo, 1965; vive a Roma) sembra essere
accompagnato dalle note di questa canzone, oltre che dai versi poetici di
Mariangela Gualtieri (da cui l’artista ha mutuato il titolo della mostra, Ciò che non muta) e di Marco Lodoli. In
più c’è lo spazio, quello della Fondazione Volume!.

È
inevitabile chiedersi: come può un pittore come Elvio Chiricozzi confrontarsi
con questo spazio? Proprio in questa domanda è racchiusa la sorpresa che si
prova all’ingresso, di fronte a un lavoro che l’artista pensava da circa
vent’anni. Perché Chiricozzi, seppur pittore, in realtà ha sempre lavorato
anche con lo spazio, inglobandolo nei propri lavori, facendolo divenire un
ulteriore elemento dei propri quadri. Che difficilmente sono semplici quadri
appesi alle pareti, ma parte di un’articolata installazione. Le sue opere hanno
infatti sempre qualcosa di architettonico, di costruito, di tridimensionale.

La sorpresa si accompagna a una
forte capacità evocativa. E non solo. Anche da una certa sollecitazione
sensoriale. Gli occhi devono mettere a fuoco per distinguere i singoli elementi
della grande macchia nera, ora intensa, ora dilatata. 

Per un romano il lavoro è
anche un silenzioso omaggio alla propria città. Perché sono pochissimi coloro
che non sono rimasti incantati e affascinati dalle evoluzioni degli stormi che
puntualmente ogni anno in autunno si radunano nei cieli della città
(soprattutto alla Stazione Termini e nel quartiere Prati). Addirittura sembra
di sentirlo il fragore delle migliaia di battiti d’ali. Così, si resta
ipnotizzati dalle minute sagome fustellate di uccelli che costruiscono le
diverse evoluzioni degli stormi.

Per realizzare i pannelli che si
dispongono lungo il perimetro, Chiricozzi effettivamente ha “fatto volare” gli
uccelli. Arrampicatosi su un’impalcatura, ha lasciato cadere le piccole
silhouette, conferendo alla composizione una certa casualità. Un lavoro creato
quindi per sovrapposizione.

Seguendo le evoluzioni degli
stormi s’incontra l’ultimo soggetto (in realtà il primo) dell’intero lavoro.
Dopo lo spazio e il volo – gli altri due soggetti ex aequo della composizione –
ecco chi ha generato il tutto: un adolescente in rapita contemplazione. Un
ragazzo che simbolicamente rappresenta l’intero universo adolescenziale, con
tutte le problematiche tipicamente connesse al delicato momento di passaggio fra
lo stato di bambino e quello di adulto.

È un disegno a matita realizzato
per sottrazione. Tutto quello che circondava il ragazzo è stato eliminato. E il
ragazzo si trova, così, come librato nell’aria (di nuovo la sospensione); non è
dato sapere quale sia il supporto su cui è seduto e quale sia il panorama che
lo circonda. Perché, in effetti, nei momenti di passaggio, di crescita, di
acquisizione di consapevolezza, si è sempre soli.

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Elvio Chiricozzi – Ciò che non muta

Fondazione Volume!

Via San Francesco di Sales, 86-88 (zona Trastevere) – 00165 Roma

Orario: da martedì a venerdì ore 17-19.30

Ingresso libero

Info: tel./fax +39 066892431; press@fondazionevolume.com;
www.fondazionevolume.com

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