09 gennaio 2003

fino al 18.I.2003 Botto & Bruno – A crack into the wall Roma, S.A.L.E.S

 
Uno skyline di cemento, cieli viola, personaggi stralunati. E pozzanghere che riflettono cieli azzurri. Come promesse, o illusioni. Li avete riconosciuti? Botto & Bruno a Roma, con una nuova storia di ordinario suburb...

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Come fosse uno story board. A crack into the wall – lavoro che il duo torinese ha realizzato ad hoc per lo spazio di S.A.L.E.S – si srotola in diciotto stampe, lungo il corridoio e le pareti laterali della sala: un’altra storia di ordinario suburb, sotto quel cielo perennemente viola, da fine del mondo, che nei wall paper di Botto & Bruno (Gianfranco Botto, Torino 1963 e Roberta Bruno, Torino 1966; vivono e lavorano a Torino) è un leit motiv insostituibile.
Loro, tra orizzonti purple e parallelepipedi di cemento, continuano a seminare indizi, che sembrano residui di Botto & Bruno racconto: pozzanghere, riflessi sbagliati, oggetti dimenticati, riferimenti cinematografici e… copertine di dischi; questa volta c’è The Queen is Dead degli Smiths, che appare tra le mani dell’immancabile personaggio con il cappello calcato sugli occhi. Quelle dell’album sono le uniche parole sopravvissute e paiono incastrarsi nei colori saturi delle immagini che si succedono (l’ispirazione cromatica è il film Risorse Umane di Laurent Cantet): più che un messaggio, una suggestione.
Fotogrammi, quasi, di una periferia che potrebbe diventare un archetipo (brevettato, se ci passate una punta di ironia…), come sempre hand made, risultato di decine e decine di fotografie tagliuzzate: Dopo questa operazione di rimontaggio inizia il ritocco manuale del progetto. Il risultato è un paesaggio virtuale, non esistente nella realtà, formato però da tanti piccoli frammenti reali… hanno detto (la citazione è tratta dall’intervista pubblicata nel catalogo della mostra Under my red sky spazio s8zero, palazzo delle Esposizioni, 2002). Da un surplus di realtà, un’immagine che è tanto artificiale – e di un artificio riconoscibile – quanto verosimile, nel senso più inquietante del termine. Meno sulfureo di Coke Town (cheBotto & Bruno aveva la potenza di una visione), il surburb di Botto & Bruno sembra piuttosto una sistematica somma di possibile e presente.
Evocato – in questo allestimento che ci sembra non perfettamente riuscito – attraverso la serie di 18 immagini relativamente piccole, che purtroppo diluiscono l’effetto prepotente degli interventi realizzati in scala maggiore (ricordiamo Suburb island al palazzo delle Papesse nel 1999 o la Biennale del 2001). C’è anche un disegno formato wall paper: 6 metri per 4 stampato su carta per affissioni, che chiude la parete di fondo. E sul pavimento – stampati su materiale calpestabile – una serie di dischi, sparpagliati, come tracce fittizie.

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Botto&Bruno. A crack into the wall
testo critico di Teresa Macrì.
S.A.L.E.S, via san Francesco di Sales (via della Lungara, Trastevere), 0668806212, sales@getnet.it , mar_sab 15.30-19.30


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