Da
tempo, Luca Maria Patella (Roma,
1934) ci ha abituati a questo tipo di cortocircuito, in cui illusione e ironia
– elementi essenziali della sua arte colta e complessa – si prendono per mano. Nella
galleria romana, la prima citazione è il ready made Apolinère enameled di Duchamp,
seguita dall’amato Rimbaud. “Ô cette
chaude matinée de février. Le Sud inopportun vint relever nos souvenirs
d’indigents absurdes, notre jeune misère”, scrive l’artista di suo pugno –
citando l’inizio di Ouvriers – sulla
parete bianca di fronte a lo Specchio
scritto, in cui tornano le stesse parole.
Il
“gioco” di rimandi è calibrato, in perfetta sintonia con il titolo della mostra:
mi raggio. “Lancio un raggio di me stesso”, afferma Patella, “e poi, forse, è tutto un miraggio, la
verità, la realtà…”. È miraggio l’immagine del lettino che si riflette
nella specchiera dell’antica Psyche; ma lo è anche Rifletto nella Psyche (1977), autoritratto fotografico di
Luca Maria Patella doppiamente riflesso nel mobile antico.
La
fotografia ha un ruolo fondamentale nel suo lavoro. Un po’ prima della metà
degli anni ‘60 comincia a usarla in maniera “protoconcettuale”, insieme ai film
in 35 o 16 millimetri, che definisce “molto
costruiti, ma anche liberi, non documentazioni di performance”. Patella
sperimenta senza mai alterare l’immagine, costruendo da sé apparecchi
fotografici e obiettivi, lavorando instancabilmente per ore e ore e guardando anche
ai pionieri della fotografia, come Louis
Ducos du Hauron, che già nell’Ottocento realizzava fotografie a colori,
prima ancora dell’invenzione della pellicola a colori.
Nelle
foto di Montefolle vediamo, infatti, come i
bicchieri in primo piano siano un omaggio al francese che, per ottenere i
filtri colorati, ricorreva a bicchieri o ampolline contenenti dei colori e li
metteva davanti al foro stenopeico. In questa foto l’artista impiega i quattro
colori che Jung assegna alle funzioni psicologiche: “rosso, sentimento; verde, sensazione; blu, pensiero; giallo,
intenzione; colori che, allo stesso tempo, sono quelli ottici che si trovano
nei raggi della luce”.
Tra
le opere esposte, anche alcune “autofoto
sbadate”, tra cui Proserpina o Euridice e 3 Rose, entrambe del ’66. Nella prima, l’autore,
munito di macchina fotografica insegue Rosa Foschi – sua moglie e musa – mentre
un’altro apparecchio sul treppiede immortala la scena: “Rosa è l’altro da
me, sul piano psicologico diciamo che è l’anima junghiana”.
In conclusione, la mostra è una sorta di macchina
del tempo, in cui lo spettatore – coinvolto nel circuito degli oggetti in sé e della loro raffigurazione
all’interno delle immagini fotografiche – si confronta con la percezione del
mondo di cui Patella è artefice, ma anche guida.
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de leonardis
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visitata il 18 febbraio 2011
dal 18
febbraio al 18 aprile 2011
Luca Maria Patella – Mi raggio
Galleria Maria Grazia del Prete
Via di Monserrato, 21 (zona Campo de’ Fiori) – 00186 Roma
Orario: da martedì a sabato ore 11-15 e 16-20
Ingresso libero
Info: tel. +39 0668892480; info@galleriadelprete.com;
www.galleriadelprete.com
[exibart]
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