Sulla nozione di velocità ruota l’iperbolica mostra che invade le sale al piano terra del Palazzo delle Esposizioni. Con un percorso multidisciplinare che impatta accostamenti al limite dell’azzardo. La navata centrale vede sfilare modelli di auto e moto dei campioni di oggi e di ieri. Segue, negli ambienti laterali, un circuito in sei tappe scandite per ventennio. Prende l’avvio dall’arte dei futuristi, per procedere verso il design d’autore, la moda e il cinema, fino alle conquiste tecnologiche e scientifiche d’avanguardia.
Un cocktail all’insegna delle contaminazioni, che miscela gli abiti di Pucci con l’arte cinetica, il film cult
Nirvana e le automobiline giocattolo. Il risultato? Spettacolare, a tratti eccessivo. Il “dinamismo”, d’altra parte, fascinazione del XX secolo -non solo in quanto fenomeno fisico, ma soprattutto come concetto d’ordine mentale- coinvolge ogni manifestazione del costume, della cultura e dell’arte.
Non a caso, la mostra si apre sulla figura di
Filippo Tommaso Marinetti. Già nel 1909 il padre del futurismo proclama “
la bellezza della velocità”, riferita alla
ruggente automobile in corsa, “
più bella della Nike di Samotracia”. Estetica che sconfina in religione, “
la santità della ruota e della rotaia”. Per i futuristi, “
luoghi inabitati dal divino” sono i treni, gli aerei, i motori, le automobili, l’elettricità, i ponti, i tunnel, tutti i prodotti dell’accelerazione tecnologica del secolo scorso. Lo testimoniano opere di
Balla,
Boccioni e
Depero in mostra. Capolavori come il
Trittico della velocità di
Gerardo Dottori e il
Tram in corsa di
Gino Severini, dove la percezione delle distanze e la coscienza degli eventi è alterata dall’inedita nozione spazio-temporale.
Anche la moda fa la sua parte, con capi d’abbigliamento disegnati da
Crali,
Depero e
Thayat; e, ancora, la fotografia e il cinema. Più avanti l’aeropittura, rappresentata da
Delle Site, Crali,
Tato e
D’Anna. Il mito della velocità prende forma nell’
Idrocorsa Fiat C29, rosso fiammante, circondato da eliche, motori e immagini delle spedizioni aeree di Gabriele D’Annunzio.
Si procede con la sezione dedicata agli elettrodomestici e alle apparecchiature radiotelevisive, in un assortimento di icone degli anni del boom economico, come la macchina per scrivere
Valentine e la radio a transistor
Brionvega. Esposti i veicoli-simbolo del periodo: la
Fiat 500, la
Lancia Aurelia B24 (quella del film
Il sorpasso) e la mitica
Vespa.
L’arte cinetica è presente con
Grazia Varisco,
Alberto Biasi,
Gabriele De Vecchi e altri, in una stretta galleria che conduce alle sale conclusive.Si giunge così alla sezione dedicata alla velocità delle comunicazioni e delle particelle subatomiche. Qui i valori estetici del tempo sono espressi da designer come
Ettore Sottsass e
Bruno Munari, da car designer del calibro di
Giorgetto Giugiaro per Alfa Romeo e Lamborghini. E poi gli artisti:
Boetti,
Schifano,
Mambor,
Piacentino e
Ontani. Infine, la velocità del domani, con immagini interspaziali e prototipi futuribili di vetture sportive.
Un allestimento poliedrico, pensato per un vasto pubblico. Difficile, infatti, resistere all’appeal dei motori. In mostra, fra l’altro, bolidi autentici: dalla storica
Fiat 130 HP Gran Prix alla
Ferrari di Schumacher. Non c’è da stupirsi. Metafora della modernizzazione della società, oggi l’automobile è l’equivalente delle grandi cattedrali gotiche. Così, a proposito di miti, l’ha definita Roland Barthes: “
Una grande creazione consumata nella sua immagine, se non nel suo uso, da tutto un popolo che si appropria con essa di un oggetto perfettamente magico”.
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che brutta mostra, che confusione di idee...