A Roma, negli anni ’60, Piazza del Popolo era il centro gravitazionale di artisti e intellettuali, una cornice nella quale s’intrecciavano tanti e diversi percorsi creativi che hanno prodotto la storia dell’arte, non solo visiva ma anche cinematografica, musicale e letteraria da quegli anni fino a oggi. È in questo contesto che prende le mosse e si sviluppa il lavoro di
Claudio Cintoli (Imola, Bologna, 1935 – Roma, 1977).
Una selezione di trentasette opere, realizzate tra il ‘58 e il ‘77, ripercorre le principali tappe di una parabola creativa caratterizzata dall’estrema versatilità nella scelta degli strumenti espressivi (scultura, pittura, assemblage, collage, performance), nella quale la ricerca di un linguaggio individuale appare indissolubilmente
annodata alle istanze dei più importanti movimenti artistici degli anni ’60 e ’70.
Le prime opere, della fine degli anni ’50 come
8° km Nomentana e
Bianco C, si pongono sulla scia dell’informale, nelle superfici materiche dense di pigmento; seguono gli assemblage e i collage di carte, oggetti e pittura combinati insieme, a colmare il gap tra arte e vita, tra i quali
Temporale e
Mystère del 1964 (anno del trionfo di
Rauschenberg alla Biennale veneziana). Alla fine degli anni ’60 risalgono una serie di lavori plastici, quali
Nodo,
Chiodo fisso,
Peso morto, che si sviluppano nel clima della nascente Arte povera.
“
L’aspetto più immediatamente qualificante è certamente la molteplicità degli interessi e delle pratiche di media, e persino un provocatorio sdoppiamento della personalità d’artista”, diceva Crispolti nel 1978, in occasione della presentazione del catalogo generale di Cintoli, riferendosi all’invenzione del personaggio di Marcanciel Stuprò, alter ego dell’artista, il cui nome si genera da un gioco di parole fra
stupor e Marcel Proust. Il gusto per il gioco linguistico, spesso sarcastico, e del non sense che si riscontra nella scelta dei titoli delle opere di Cintoli ha certamente una matrice dada e surrealista; la centralità dell’inconscio è inoltre sancita dalle stesse parole dell’artista che individuava l’origine del suo lavoro nel “
dare corpo a incidenti onirici”.
Rilevante in un buon numero di opere dei primi anni ‘70 è la presenza dell’uovo, figura simbolica manipolata e interpretata variamente dall’artista, protagonista della grande composizione
UovoNuovo, articolata in sette pannelli con piccole nicchie che ospitano uova di struzzo e foto di embrioni. Il tema della nascita è centrale anche nel video, tra i primi realizzati in Italia,
Crisalide (1972), nella quale l’artista chiuso in un sacco di juta lacera la tela e fuoriesce, come dal grembo materno, tornando alla vita.
I primi lavori che accolgono in mostra sono invece fra le ultime prove realizzate sul finire degli anni ‘70: due uccelli in volo, disegnati a grafite, rappresentano il poetico saluto di Cintoli alla vita e all’arte.