Sono vere e proprie
nature morte i soggetti delle fotografie di
Laura Letinsky (Winnipeg, 1962; vive a Chicago), esposte per la prima volta in Italia. Venti immagini a colori di vario formato tratte da due serie di lavori, intitolati
Hardly more than ever e
Say it isn’t so, che ritraggono tavole da pranzo abbandonate dai commensali con resti di cibo, tovaglioli sgualciti e vasi con fiori appassiti. Letinsky fotografa questi oggetti nel contesto degli spazi domestici familiari. Sono immagini costruite con grande cura fin nei minimi particolari, sia nella scelta degli oggetti che nei loro colori, il cui accostamento è sempre armonioso e delicato. Sono fotografie eleganti, raffinate, con una forte componente pittorica, che riportano alle nature morte dipinte dai grandi maestri del Seicento italiani e nord-europei, evidentemente amati e studiati dall’artista.
Dal 1997 Letinsky inizia a osservare con attenzione le composizioni che le si presentano davanti al termine dei pranzi e delle cene da lei stessa preparati e consumati. Veri e propri
still life che esercitano su di lei una forte attrazione. Qualche anno dopo, durante un soggiorno a Berlino est, dove il contesto non familiare l’aveva resa più attenta al rapporto con il cibo sia dal punto di vista materiale che culturale, la fotografa inizia questo progetto, che ha proseguito negli anni con un’attenzione sempre nuova per i dettagli legati alla preparazione del cibo e del suo consumo.
C’è ironia in queste immagini, se si pensa al nutrirsi non come necessità di sopravvivenza, ma pura esibizione, come accade ai giorni nostri, dove gli chef sono vere e proprie star. Ma c’è anche malinconia, in quanto quelle stesse immagini sono prive di qualsiasi presenza umana e parlano di pranzi consumati e festeggiamenti ormai terminati.
“Di queste fotografie -realizzate tutte su pellicola-
mi incuriosisce come certi spazi, certi oggetti siano stati toccati, divorati e poi scartati –dichiara l’artista-
fotografando i resti di un pasto, vado esplorando le relazioni formali tra maturo e avariato, tra ordine e disordine, tra spreco e miseria, tra piacere e bisogno”.
Con questo lavoro, Letinsky -oggi direttrice della facoltà di Arte all’università di Chicago- è riuscita a sfruttare appieno una fra le caratteristiche più potenti del mezzo fotografico: rendere esteticamente gradevole ciò che normalmente non lo è.