“Silently close are some particles”, il titolo della mostra rimanda intenzionalmente alle trasformazioni silenziose, idea cara al filosofo e sinologo François Jullien; e, alludendo alla paziente e ispirata attenzione a quel mutamento sottile costantemente in atto sul confine del percepibile, ci addita l’ineffabile matrice del fare arte. Che sottende anche, segnatamente, la ricerca dei tre artisti a cui la mostra è dedicata, una ricerca così dissimile eppure attinta alla medesima generosa sorgente.
Silvia Camporesi fotografa forlivese, una laurea in filosofia, è stata più volte ospite della Galleria Sara Zanin. Pur secondando un approccio concettuale all’immagine, non rinuncia ad imprimere ai propri scatti un rilievo documentale, avvalendosi volentieri dell’ausilio di altri media: il video, il colore a pastello con cui talvolta interviene manualmente sulle foto, il kirigami ossia l’arte giapponese di tagliare e piegare la carta per ottenere strutture tridimensionali a partire da un singolo foglio (affine all’origami dove però la carta di regola non viene mai ritagliata). Cuore e fulcro del suo nuovo lavoro, l’elegante libro d’artista Almanacco sentimentale – ove non si disdegna l’impiego di foto rinvenute nell’oceanica memoria del web e ricostruite quindi in studio con l’impiego di modellini – avente per oggetto alcuni misteri o enigmi della natura e dell’animo umano. E da cui la fotografa ha trascelto le opere esposte in galleria. Ci soffermiamo su alcune immagini chiamate Murmuration: geometrie effimere tracciate da stormi di uccelli migratori e amplificate da un aggetto di kirigami, come raffinate gigantografie di microscopiche trasformazioni silenziose.
Silvia Camporesi, Murmuration II 2017, Kirigami, cm24x36 room2 z2o Sara Zanin Gallery, Roma
Cedendo ad un timido moto di curiosità ci accostiamo ad alcuni piccoli manufatti nella prima sala, proprio a lato della porta d’ingresso: un piatto di ceramica, una composizione di piume e pietra, una scultura. E notiamo, sempre presenti, sequenze di segni grafici disposti circolarmente che ritroviamo, assieme al motivo delle piume, su una coppia di lenzuoli di lino appesi in una sala successiva. Avvertiamo, diffuso, come un sentore antico di culture lontane. Forse dell’America precolombiana o del Tibet dei monasteri e delle ruote preghiera. Conosciamo così il lavoro di Letizia Cariello emiliana di Copparo (Ferrara), erede di una lunga tradizione familiare di artisti, docente di Anatomia artistica all’Accademia di Brera. Ci viene spiegato che fin da bambina l’artista compone con pazienza lenticolare quei suoi personalissimi calendari impiegando vari supporti, non solo la pietra o il lino ma perfino la propria epidermide. Che non sia questo l’ufficio originario della scrittura? Imporre un ritmo e una forma al tempo e tradurlo così nel microcosmo delle nostre piccole vite? Novus Ordo Seclorum è invece il titolo che raccoglie i lavori del polacco Jakub Woynarowksi, talentoso appassionato di scienze ermetiche. Iconografie massoniche, simboli alchemico-pitagorici, tratti da quel pittoresco frasario immaginale oggi volgarmente chiamato esoterismo, producono uno studiato clima di attesa e di mistero, allusivo ad una dimensione occulta che si immagina pilotare o addirittura generare la quotidiana, multiforme realtà epifanica.
Luigi Capano
Mostra visitata il 27 settembre
Dal 20 settembre al 18 novembre 2017
Letizia Cariello, Silvia Camporesi, Jakub Woynarowski, “Silently close are some particles”
a cura di Marinella Paderni
in collaborazione con l’Istituto Polacco di Roma
Z2O Sara Zanin Gallery
Via della Vetrina 21, Roma
Info: tel. 06 70452261, email info@z2ogalleria.it