07 dicembre 2010

fino al 18.XII.2010 Pennacchio Argentato Roma, T293

 
La napoletana galleria T293 approda nella Capitale. Con le nuove sculture di Pennacchio Argentato, che sottolineano il cortocircuito della noia. Ma senza arrivare alla rottura...

di

La principale “sigla” artistica
del duo Pasquale Pennacchio (Caserta, 1979; vive a Napoli e Francoforte)
e Marisa Argentato (Napoli, 1977; vive a Napoli e Francoforte) può
essere individuata nella volontà di palesare la contraddizione. Quella
contraddizione che è insita in molteplici aspetti del quotidiano individuale ma,
in generale, anche della società attuale. Un concetto, il loro, letteralmente
tradotto dalle sculture che sfiorano il paradosso. La riflessione che è alla
base di questa personale, che inaugura l’apertura del nuovo spazio a Roma (come
inaugurò a Napoli la nascita della galleria), è il cortocircuito prodotto dalla
noia.

Individuato come uno tra i
primari disagi della contemporaneità, la noia è la pressoché diretta
conseguenza del diffuso benessere che comporta la continua “ricerca del nuovo”
e, quindi, l’incessante produzione non solo industriale. Una vertiginosa
produzione di oggetti (molti largamente inutili) che, ormai, confidano quasi esclusivamente
sull’aspetto accattivante. Trend che non esonera (purtroppo) anche l’essere
umano. Puntando, infatti, tutto sull’apparenza, l’uomo si concentra sul culto
della propria immagine con una dedizione tale che esclude qualsiasi altro
elemento; il corpo diventa, cioè, un mero involucro, svuotato di ogni
contenuto.

Pennacchio Argentato - Five o’clock shadows - 2010 - installazione - courtesy T293, Napoli-Roma - photo Maurizio Esposito
Eccoli, allora, questi corpi
levigati, lucenti, da calendario, che sfoggiano, nelle fotografie appese lungo
le pareti, i propri lucidi muscoli tonificati. A queste immagini patinate fanno
da contraltare le sculture. Realizzate col materiale principe della modernità e
delle riproducibilità, vale a dire il cemento, incarnano anch’esse il concetto
della contraddizione.

Con la levigatezza e la morbidezza
delle loro forme, sembrano infatti oggetti che possono essere placidamente
spostati con una certa disinvoltura, con le apposite maniglie. Le sculture, che
di primo acchito richiamano i lavori di altri artisti (da Perino & Vele a Uncini),
vicine alle fotografie, appaiono così come la trasposizione minimalista e pop
di quei corpi che sono diventati dei pesi morti, sono svuotati e resi ormai
degli “anonimi” oggetti senza specifiche peculiarità. Sembra di entrare in una
palestra in cui i culturisti (dei quali un giovane Arnold Schwarzenegger ne è
l’emblema) cercano di attirare su di sé l’attenzione attraverso delle assurde
posture al limite della rottura.

Pennacchio Argentato - Slab #8 - 2010 - cemento, smalto acrilico, compensato - cm 98x89x3,5 - courtesy T293, Napoli-Roma - photo Maurizio Esposito
Quelle maniglie sembrano lasciare
aperta la possibilità di un dialogo, di un contatto, che rimane però solo nelle
intenzioni, perché il peso e la durezza del materiale eliminano qualsiasi
interazione.

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dal 29 ottobre al 18 dicembre 2010

Pennacchio Argentato – Five o’clock shadows

T293

Via dei Leutari, 32 (zona corso Vittorio Emanuele II) – 00186 Roma

Orario: da martedì a venerdì ore 15-19 o su appuntamento

Ingresso libero

Info: tel. +39
0683763242; info@t293.it; www.t293.it

[exibart]

4 Commenti

  1. ma non era più semplice ammettere che “ci andava di fare delle sculture fatte così” e amen, piuttosto che appellarsi sempre e comunque a improbabili appigli sociologici che diano un senso all’operazione?

    la noia sì, quella traspare tutta.

  2. la lettura sulla noia e la contraddizione mi sembrano francamente forzate. Come dice anche  il comunicato stampa si tratta della didattica fusione di Judd e warhol. Il risultato e’ anche piacevole, ma sembra quanto meno scolastico, e quindi senza la difesa di un certo sistema sembra difficile competere con una fase storica di grande saturazione creativa. A mio parere questa e’ una forma di artigianato, di manierismo. Artigianato non e’ dispegiativo. Negli stessi giorni Rossella Biscotti proponeva al maxxi i calchi di cemento alla rachel whiteread (anch’essi fusione di minimalismo e pop Italia anni di piombo). I giovani artisti sembrano ripetitori sensibili del 1900. Forse deve essere così. Sembrano più che altro ingranaggi e pretesti per un meccanismo intorno.  Non capisco cosa ci sia di interessante soprattutto quando ci si ritrova mimetizzati in una competizione internazionale sempre più serrata.        

  3. rossi- i giovani artisti sembrano ripetitori sensibili del 1900

    nome multiplo/anonimato (blissett)
    + critica “sistema”: livellamento/omologazione (grimaldi)
    + rapporto magazine/uso ambiguo-pop dei media (cattelan, Jacopo dell., ecc.)
    + frammentazione dell’opera nell’informazione (fine anni ’60)
    + blog vetrina portfolio + stalking in forum/blog (boresta, pesce a fore, jacopo dell. ecc.)
    + enigmatica o grossolana infiltrazione in spazi espositivi, ecc. (a. c.)
    + uso curatore come alter ego _cavalucci_ (cattelan_gioni)
    + superamento del ruolo tradizionale dell’artista (quasi tutti)
    + sottrazione/sparizione (ube. _anni ’60_, bas jan ader, ecc.)(-“morsiani”?)
    + ecc.
    =
    Luca rossi

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