Venezia: la tutela per immagini è lâevoluzione di un lungo e meticoloso lavoro di catalogazione e ricognizione da parte dello studioso Valter Curzi -docente universitario di Storia dellâArte Italiana e di Legislazione dei Beni Culturali- e di Paola Callegari -direttore della Fototeca Nazionale- iniziato nel 1998. Il materiale faceva parte di un archivio di oltre un milione di fotografie dellâex Direzione Generale per le AntichitĂ e le Belle Arti, confluito nel 1975 nei fondi della Fototeca Nazionale. Unâoccasione importante per portare lâattenzione sui fondi fotografici storici, un patrimonio unico nel suo genere, di cui non si ha la giusta conoscenza.
Incredibile, intanto, il fascino che trasmettono sempre le fotografie dâepoca, stampe originali allâalbumina le piĂš antiche, risalenti alla metĂ e alla fine del XIX secolo, e al bromuro dâargento (inizio del Novecento), scattate da fotografi di fama internazionale come Carlo Naya, Giovan Battista Brusa e Osvaldo Bohm. Qui appare la cittĂ di Venezia con i suoi monumenti e le sue caratteristiche architettoniche e urbanistiche: stereotipi di quelle foto ricordo destinate a perpetuare il ricordo nella memoria dei viaggiatori italiani e stranieri. Una sorta di visione moderna, sulla scia della tradizione pittorica settecentesca inaugurata da Canaletto e dagli altri vedutisti.
Ma la mostra è anche la documentazione di aspetti ignorati dal grande pubblico: quelli delle distruzioni di opere dâarte avvenute per mano dellâuomo durante la prima e la seconda guerra mondiale. Uno scempio doloroso che purtroppo anche ai nostri tempi si continua a perpetuare ovunque nel mondo: valga lâesempio del ponte di Mostar, dei Buddha di Bamyan o delle splendide moschee irachene.
Venezia non è stata indenne da tutto questo, lo vediamo dalle fotografie di Tomaso Filippi nella Chiesa degli Scalzi dopo il bombardamento del 24 ottobre 1915, che mandò in frantumi il settecentesco soffitto affrescato da Giambattista Tiepolo con la Traslazione della Santa Casa di Loreto âin mostra anche la bellissima foto, una delle poche immagini in grande formato (60Ă80 cm) commissionata allo Studio Andersen, che documenta lâaffresco tiepolesco prima della sua distruzione- o di altri anonimi fotografi che ripresero i danni riportati dopo altri bombardamenti. Come quelli allâaltare maggiore della chiesa di S. Maria Formosa (9 agosto 1916), alla cupola della chiesa di S. Pietro in Castello (10 agosto 1916), al soffitto della Scuola di San Marco (14 agosto 1917). Lâelenco è lungo; furono ben 42 le incursioni aeree sulla cittĂ durante la Grande Guerra, a cui va aggiunto il precedente crollo -in questo caso non derivato da cause belliche- del campanile di San Marco, ridotto ad un cumulo di macerie il 14 aprile 1902 e ricostruito in forme identiche allâoriginale nel 1912. Della vulnerabilitĂ del patrimonio artistico veneziano erano piĂš che mai consapevoli i cittadini, veneziani e non, semplici civili e addetti ai lavori che con ogni sforzo contribuirono a costruire protezioni di ogni genere (foderature con sacchi di sabbia, armature di legno, tavole di amianto e cemento) e imballarono o rimossero tele e statue (durante la prima guerra mondiale il monumento equestre a Bartolomeo Colleoni fu portato a Roma, ospitato a Palazzo Venezia).
âQuesta mostra è un atto dâamore verso tutti coloro che presero parte alla salvaguardia del patrimonio artisticoâ, afferma Paola Callegari, âè un lungo racconto per immagini che si snoda attraverso sei sezioni. Viene affrontato anche il discorso degli allestimenti nei musei veneziani tra gli anni â20 e â50 e dei restauri, con il particolare contributo dato da Fernando Perez, medico e ambasciatore dellâArgentina in Italia, fondatore del laboratorio scientifico del Louvre e inventore del âpinacoscopioâ, un apparecchio che permetteva la realizzazione di fotografie in luce radente fondamentali per individuare la mano dellâartista, il suo tocco ma anche le sue impronte digitaliâ.
manuela de leonardis
mostra visitata il 21 dicembre 2005
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