Attivo dai primissimi anni Settanta attraverso i linguaggi della fotografia, del video e della performance, salvo una breve immancabile parentesi durante i pittoricissimi anni Ottanta, l’elvetico Urs Luthi ha favorevolmente impressionato il pubblico (e la giuria) della scorsa Biennale veneziana. Nella personale allestita nel padiglione svizzero, l’artista di Lucerna portava avanti con piglio ironico quel ramo della sua ricerca che tende a minare i convincimenti salutistici su cui ruota l’attuale, squallida e(ste)tica del benessere-a-tutti-i-costi (in questi anni ha battezzato la sua ricerca Art is the better life). Oggi la collaborazione tra le gallerie Gianluca Collica (Catania) e Primo Piano (Roma) ha riportato in Italia il 55enne svizzero con una personale in Sicilia ed un cammeo nello spazio capitolino.
Sulla parete opposta due video propongono in loop scene di disordinata vita vissuta frutto di telecamere puntate su armadi, divani e dispense. Una sorta di nuovo ‘Grande Fratello’ teso ad eliminare qualsiasi differenza tra il corpo dell’artista – protagonista dei suoi video come un attore – e la scultura, tra l’opera d’arte ed i mestieri domestici. Perché l’arte è la miglior vita…
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sarebbe bene e bello e tutte queste cose qui, se il signor luthi svelasse l'arcano linguistico: perché il signor massimilien non lo intervista ? (se è svizzero, il francese lo mastica un po')...
Comunque, se puzza, l'arte è viva, o, anche se è morta, è ancora una cosa di natura, e concimerà il terreno delle idee future. meno mal!
saranno guai quando non avrà odori, o sarà deodorata.
l'arte passa a miglior vita è bellissimo. In tal direzione propongo una scritta che campeggia su non so quale muro della capitale italiana dell'arte contemporanea, Torino: L'ARTE PUZZA!
o forse la frase vuol dire "l'arte passa a miglior vita"? dato che ormai siam tutti zombies...
Cara Franca,
l'errore della galleria ci sta anche in effetti. Ma l'immagine con la mega scritta 'Art is the better life' sul muro mi fa pensare che forse l'artista ha cambiato titolo al suo lavoro.
Un cosa a margine, ho visto che sei di Viterbo. A tal proposito ti segnalo che domenica l'unica galleria della tua città inaugura una mostra probabilmente interessante e io credo di andarci...certo è dura perché inaugura la mattina alle 11 ma la città è molto romantica e ci sono dei ristorantini niente male, comitive di pensionati permettendo ovviamente. Insomma se vai all'inaugurazione magari ci vediamo li, fammi sapere.
La faccenda è però effettivamente strana. in Biennale l'intervento di Luthi si chiamava "art for a better life" che signica arte per una vita migliore e ha molto più senso di "art is the better life" che non vuol dire niente ed è anche scorretto. Bisognerebbe capire il perchè Luthi ha cambiato il suo slogan, mi sembra una storia interessante...
non vorrei che ci fosse un errore da parte di qualche gallerista o allestitore..secondo me qua bisogna approfondire....ciaoooo
Caro scimunitello, non per assecondare le tue fisime ma giusto per farmi due risate ti mostro anche l'invito della mostra. Perché non fai una telefonata in galleria chiedendo di cambiare il titolo dell'evento?? hihihi
Allora mettiti d'accordo con te stesso, perchè in quell'articolo a cui fai riferimento la mostra la chiami in altro modo, o la traduci in altro modo.
Atteso che Exibart non è attendibile, non è una prova rimediare a un errore di exibart indicando un'altra pagina di exibart, che contiene altri errori.
Ripeto che la mostra s'intitola "Art for a better life" e non "Art is the better life".
Solo un cane parlerebbe inglese in questo modo.
Bau Bau.
Caro Soluzione,
come prima cosa vorrei invitarti a fare più attenzione. Eh si, infatti grazie all'elementare tecnologia dei cookies sappiamo benissimo, e senza tema di smentita, chi tu sia. Per evitarti l'ennesima figuraccia non lo dirò, sta tranquillo.
Per tua cultura personale, ma ogni persona assennata avrebbe almeno controllato prima di blaterare, ti comunico che il titolo della ricerca creativa di Luthi è effettivamente 'Art is the better life'. Insomma non me lo sono inventato. Pensavo che tu mi indicassi un errore di traduzione mio, e invece di segnali di cambiare il nome al lavoro di Luthi...ma roba da urlo!
Potevi almeno cliccare sugli articoli correlati, avresti trovato una recensione di una mostra in Sicilia intitolata proprio 'Art is the better life'.
Santa pazienza aho.
a me, semplicemente, viene in mente lo studio di un pittore, dove ci sono tanti odori: la carta, le tele, gli olii, le acquaragie, le polveri di tempera, gli inchiostri, gli stracci e i saponi per pulire i pennelli e così via, ma sono fuori tema e fuori tempo: la ricerca comincia da lì, forse gli odori dei colori, i colori da mangiare, sono allucinogeni...
Altri raccontano dell'odor di mutanda e disinfettante della banda Warhol quando arrivava da Vogue, ma quella forse era un'altra cosa, tipo Picasso vestito da clown, con celtique labbropendula, alla corte di Elisabetta.
Vabbé, professore, ho capito che sono insufficiente, studierò un po' di più la prossima volta.
Mi piace ricordare, in relazione alla questione "Arte che puzza", la ricerca di Aldo Mondino che, grazie all'impiego di materiali extrartistici come il cioccolato o le aringhe maleodoranti, ha appunto reso perfettamente legittime espressioni sensoriali attrinuite all'arte come: profumata, gustosa, puzzolente e via dicendo. In proposito rinvio a http://www.exibart.com/notizia.asp?IDCAtegoria=46&IDNotizia=1271. Ma poi si potrebbero citare anche le decorazioni con cacca di elefante di Chris Ophili, certe sperimentazioni sulfuree di Zorio, le lastre nere ed i sacchi pieni di naftalina di Kounellis, esperienze probabilmente tutte riferibili alle meditazioni futuriste che avevano sottolineato, nei loro documenti, la necessità di rappresentare nell'arte le suggestioni olfattive e del gusto. Se qualcuno volesse aggiungere altri esempi sarebbe interessante ricostruire alcuni dei passaggi importanti di questa ricerca nel campo dell'arte. Tra l'altro, in tempi recenti, mi viene pure in mente un'installazione di Sabrina Torelli in mostra a Mantova che era costruita con l'impiego di indumenti intimi fatti indossare ai suoi famigliari e che, riscaldati da un termoforo, suggerivano il calore delle persone care all'artista.