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13
febbraio 2009
fino al 19.IV.2009 Giorgio de Chirico Roma, Museo Bilotti
roma
La semplicità di una linea tracciata a matita su un foglio. Non soltanto con la tela dipinta de Chirico faceva parlare il suo raffinato intelletto. Del resto, il disegno è “l’impronta del pensiero”. Sono parole sue...
di Marzia Apice
A trent’anni dalla morte del maestro indiscusso della Metafisica, Roma torna a rendere omaggio a Giorgio de Chirico (Volos, 1888 – Roma, 1978) con la mostra La magia della linea, nella quale vengono presentati 110 disegni realizzati nell’arco di tutta la sua lunghissima carriera.
Già nei primi lavori, eseguiti attorno al 1910, e fino alle ultime opere, che coincidono con la sua morte, de Chirico rivela una straordinaria capacità di cogliere con pochi schizzi la complessità dell’ambiente circostante. Per lui il disegno è un’arte autonoma, che dev’essere riabilitata, il cui fondamentale valore è troppo spesso dimenticato.
In queste opere appaiono tutti i temi a lui più cari: quelli tratti dall’antichità (come l’archeologia) e quelli attinti dal presente (i suoi affezionati cani). I soggetti risultano però spogliati, quasi scarnificati dal disegno, fino a diventare nuda essenza, puro linguaggio inserito in uno spazio-tempo del tutto personale. È dunque sorprendente cogliere la profondità psicologica nei tanti ritratti esposti (i dettagli dei visi mostrano un’emotività addirittura in grado di commuovere), come in Lucrezia (1946) o in Ritratto di giovane donna (1962-63).
Nello Studio per veduta romana (La torre) (1945) è evidente anche la nota passione che de Chirico nutriva per le forme e gli spazi architettonici: la grande attenzione ai particolari si esprime qui non soltanto nella precisione della matita e del carboncino, ma anche nell’indicazione meticolosa dei colori con cui avrebbe dipinto l’opera “definitiva”. Immancabile poi l’acuta ironia che sempre ha accompagnato l’uomo e l’artista, come si nota nel titolo emblematico de Il mio piede sul sedere degli intellettuali, disegno del ‘40 in cui il perfetto studio anatomico dell’arto è lo strumento migliore per colpire la spocchia dei critici.
Si prosegue al piano superiore con le Tavole dell’Apocalisse, visionarie litografie realizzate poco prima della morte, nel ‘77, nelle quali l’artista evidenzia con particolare maestria una serie di linee “finite”, ossia chiuse tra due punti, per illustrare minuziosamente il tema religioso. Queste incisioni – che concludono la mostra, insieme alla sezione riservata ai disegni relativi a scene, costumi e figurini per il teatro – appaiono talmente definite, nelle linee e nei colori, da suggerire quasi i tratti di alcuni fumetti, rivelando una profonda modernità.
La rassegna s’inserisce fra le iniziative legate alla figura di Giorgio de Chirico che il Comune di Roma promuove, dal 2008 al 2010, per celebrare i 120 anni dalla nascita dell’artista.
Già nei primi lavori, eseguiti attorno al 1910, e fino alle ultime opere, che coincidono con la sua morte, de Chirico rivela una straordinaria capacità di cogliere con pochi schizzi la complessità dell’ambiente circostante. Per lui il disegno è un’arte autonoma, che dev’essere riabilitata, il cui fondamentale valore è troppo spesso dimenticato.
In queste opere appaiono tutti i temi a lui più cari: quelli tratti dall’antichità (come l’archeologia) e quelli attinti dal presente (i suoi affezionati cani). I soggetti risultano però spogliati, quasi scarnificati dal disegno, fino a diventare nuda essenza, puro linguaggio inserito in uno spazio-tempo del tutto personale. È dunque sorprendente cogliere la profondità psicologica nei tanti ritratti esposti (i dettagli dei visi mostrano un’emotività addirittura in grado di commuovere), come in Lucrezia (1946) o in Ritratto di giovane donna (1962-63).
Nello Studio per veduta romana (La torre) (1945) è evidente anche la nota passione che de Chirico nutriva per le forme e gli spazi architettonici: la grande attenzione ai particolari si esprime qui non soltanto nella precisione della matita e del carboncino, ma anche nell’indicazione meticolosa dei colori con cui avrebbe dipinto l’opera “definitiva”. Immancabile poi l’acuta ironia che sempre ha accompagnato l’uomo e l’artista, come si nota nel titolo emblematico de Il mio piede sul sedere degli intellettuali, disegno del ‘40 in cui il perfetto studio anatomico dell’arto è lo strumento migliore per colpire la spocchia dei critici.
Si prosegue al piano superiore con le Tavole dell’Apocalisse, visionarie litografie realizzate poco prima della morte, nel ‘77, nelle quali l’artista evidenzia con particolare maestria una serie di linee “finite”, ossia chiuse tra due punti, per illustrare minuziosamente il tema religioso. Queste incisioni – che concludono la mostra, insieme alla sezione riservata ai disegni relativi a scene, costumi e figurini per il teatro – appaiono talmente definite, nelle linee e nei colori, da suggerire quasi i tratti di alcuni fumetti, rivelando una profonda modernità.
La rassegna s’inserisce fra le iniziative legate alla figura di Giorgio de Chirico che il Comune di Roma promuove, dal 2008 al 2010, per celebrare i 120 anni dalla nascita dell’artista.
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a cura di Elena Pontiggia
Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese
Viale Fiorello La Guardia, 4 – 00197 Roma
Orario: da martedì a domenica ore 9-19; la biglietteria chiude alle ore 18.30
Ingresso: intero € 6; ridotto € 4
Catalogo Skira
Info: tel. +39 0682059127; museo.bilotti@comune.roma.it; www.mseocarlobilotti.it
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