Ideale prosecuzione della mostra Canaletto prima maniera tenutasi alla Fondazione Cini di Venezia nel 2001, il Trionfo della veduta è un’occasione preziosa per considerare la maturità del grande pittore veneziano attraverso una selezione di oltre trenta dipinti e altrettanti disegni –risalenti al periodo tra il 1723 e il 1746- provenienti da collezioni di tutto il mondo, oltre ad alcune opere di Bernardo Bellotto, Michele Marieschi e Francesco Guardi, esemplificative dell’influenza canalettiana sulla generazione seguente.
Dagli esordi vedutistici con due capricci del 1723 ancora influenzati dalla lezione chiaroscurale di Marco Ricci e dalla consuetudine scenografica di famiglia (il padre era pittore di fondali teatrali) all’inconfondibile maestria luministica delle scene veneziane che lo hanno reso famoso, la mostra svela nel percorso artistico di Canaletto il rapido recepimento del “vedutismo analitico” espresso in quel tempo a Roma dal Vanvitelli, personalizzato però attraverso una pittura fluida e liscia perfettamente rispondente alla luce e atmosfere lagunari.
Di fronte ai repentini sviluppi della pittura canalettiana, capace di liberarsi dagli iniziali toni brunastri per giungere rapidamente a una luminosità tersa e diffusa, è ben ipotizzabile un ruolo importante nell’uso sempre più accorto da parte dell’artista di strumenti tecnici quali la camera ottica (di cui, guarda caso, sempre il Vanvitelli è stato tra i primi a sperimentare l’impiego). Intorno ai primi anni trenta Canaletto perviene, in ogni caso, a uno stile perfettamente definito che gli decreta un costante successo tra i ricchi stranieri in cerca di prestigiose cartoline illustrate dall’Italia nel corso del Grand Tour.
Contribuiscono a tale stile il virtuosismo delle costruzioni prospettiche – spesso Canaletto arriva a impiegare una pluralità di punti di fuga sfondando le quinte architettoniche per creare una simultaneità di veduta impossibile nella realtà – e l’animazione delle figure sempre meglio definite, cui si associa una luce scintillante, retta dallo studio meticoloso delle sue rifrazioni.
La splendida maturità del pittore si mostra in un gran numero dei dipinti esposti, dalla veduta di Piazza San Marco verso nord con la torre dell’orologio (Kansas City, Nelson-Atkins Museum), a quella di Riva degli Schiavoni verso est (Milano, collezioni del Castello Sforzesco), ma è probabilmente la mirabile visita del Doge alla chiesa e scuola di San Rocco (Londra, National Gallery) a dover essere considerata il maggior capolavoro in mostra. Nella scena, di straordinaria nitidezza, una processione di figure si svolge entro uno spazio architettonico ricomposto ad arte e in cui spicca la riproduzione di una serie di quadri appesi all’aperto per l’occasione. A una più attenta osservazione di tali quadri risulta che uno soltanto è una veduta mentre tutti gli altri sono di genere sacro o ritrattistica. Tenuto conto dello scarso credito di cui godeva allora la vedutistica – lo dimostra il fatto che solo in tarda vecchiaia, attorno al 1763, Canaletto fu ammesso a far parte dell’Accademia di pittura veneziana – si può immaginare un intento velatamente polemico nell’opera da parte di un artista che, proprio a quel tempo, risultava essere tra i più ricercati d’Europa. E proprio per le sue vedute cittadine.
Le opere successive in mostra sono senz’altro interessanti, seppur segnate da un certo allentamento della tensione creativa: esemplificative al riguardo sono alcune vedute di Roma dei primi anni quaranta, o ancora una coppia di vedute della Scala dei giganti a Palazzo Ducale pressochè identiche tra loro ma di dimensioni assai diverse, a riprova del ricorrere da parte del Canaletto a veri e propri cliché. Sempre ammirevole è comunque la perizia dell’esecuzione, dove il virtuosismo “parafotografico” canalettiano -di recente intelligentemente sottolineato in una piccola mostra con l’accostamento di due sue tele ad alcuni scatti veneziani di Elger Esser– si fa tramite di un’impostazione sempre più “illuministica” del genere della veduta.
luca arnaudo
mostra visitata il 16 marzo 2005
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