Se si è alla ricerca di artisti che operano con le più nuove e diverse tecnologie, videoinstallazioni, fotografie digitali e quant’altro abbia prodotto la scena dell’ultimo decennio, appena varcata la soglia della galleria Pio Monti si ha la nettissima sensazione di aver sbagliato posto. Due gigantesche sculture in legno intrecciato troneggiano nella sala centrale, strane sculture in bronzo, per lo più di piccole dimensioni, sono appese alle pareti, e a terra. Ancora, sulle pareti azzurrine della galleria, delle grandi tele spiccano in un tripudio
Il primo impatto è quello di sentirsi catapultati in qualche suk, agli angoli più remoti della superficie terrestre: la Lapponia appunto.
Ai più infatti la cultura lappone appare ancora come qualcosa di lontano e indistinto, e probabilmente se non fosse per i racconti favolosi del sole di mezzanotte e dell’aurora boreale non se ne avrebbe neppure la minima menzione. L’intento principale di questa mostra è dunque quello di gettare un ponte tra mondi diversissimi, al fine di porre le basi per la conoscenza di una cultura affascinante eppure ignorata.
Il rapporto quasi ancestrale con la natura, con la terra e le materie prime che essa genera è la caratteristica che accomuna i quattro artisti scelti dalla curatrice Lorella Scacco. Sauli Miettunen sperimenta le proprietà del legno, creando oggetti scultorei di grande fascino che traggono ispirazione dai sedimenti della terra lappone, dagli insetti, dalle piante; similmente le forme arcaiche delle piccole sculture in bronzo e acciaio di Seppo Öfverström hanno la loro origine nei cancelli e nelle finestre delle antiche architetture, specchio dello scorrere del tempo.
La necessità di rinsaldare il legame con le proprie radici è evidente soprattutto nelle opere pittoriche di Iria Ĉiekĉa Schmidt che, attraverso una ricerca quasi
Sono opere particolari quelle esposte presso la galleria Pio Monti, sicuramente al di fuori dai normali parametri dell’arte contemporanea internazionale. Il loro valore sconfina dai normali canoni estetici, ed investe piuttosto quelli che i cultori della materia chiamerebbero demo-etno-antropologici. Ad ogni modo, un ponte è stato gettato, ed ora non resta che oltrepassarlo.
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