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23
aprile 2010
fino al 2.V.2010 Digital Life Roma, La Pelanda
roma
9 artisti dai 4 angoli del globo. L’occasione? Inaugurare il nuovo spazio per l’arte e la produzione culturale contemporanea del Comune di Roma. Con una mostra che rinvigorisce il dibattito su arte e tecnologia...
Probabilmente molti dei visitatori della mostra Digital
Life, allestita nello
spazio da poco restaurato de La Pelanda (ottimo lavoro dell’architetto Carmassi
nella Città delle Arti dell’ex Mattatoio), si saranno domandati se è la
tecnologia che è al servizio dell’arte o se, al contrario, è l’arte che è al
servizio della tecnologia. Questione controversa e aperta ormai da anni, poiché
il media stesso è discutibile, in costante bilico tra facile giochino di
intrattenimento ed eccellente strumento espressivo. Che tuttavia riesce a
suscitare una chiara curiosità e una forte attrattiva sugli spettatori che si
lasciano ipnotizzare da taluni lavori o trascinare nella costruita atmosfera di
altri.
Seppure è indubbio che non si tratti di un metodo dei più
ortodossi, è comunque un buon espediente, capace di far avvicinare il grande
pubblico all’arte contemporanea. E allora, che le pecorelle assetate accorrano
alla fonte e trascorrano un paio d’ore nel più totale abbandono dei sensi.
Però, a causa della struttura architettonica un tantino labirintica nonché
dell’allestimento, il visitatore deve tenere ben stretta la mappa per non
perdersi nessuna opera e tornare più volte sui propri passi per vederle tutte.
Degli artisti provenienti dai quattro angoli del mondo, a
rappresentare l’Italia c’è Martux_M (al secolo Maurizio Martusciello). In collaborazione con Lanvideosource ha realizzato un lavoro site
specific che appartiene alla serie di x-scape. “Un’installazione ispirata
dal luogo”, spiega ad Exibart l’artista, “in
cui c’è stretta correlazione fra suono immagine e corpo. Con frequenze basse e
immagini subliminali ai confini della percezione celebrare. Ovvero la
possibilità di vedere il suono”.
Di forte impatto emotivo sono le installazioni Matrix
II di Erwin
Redl e Life-Fluid,
invisible, inaudible… di Ryuichi Sakamoto + Shiro Takatani. Un’installazione multisensoriale
la prima, in cui alcuni parallelepipedi con acqua e vapore, ordinatamente
sospesi al soffitto, sono attraversati da fasci di luce che originano
evanescenti immagini sul pavimento. Un totale annullamento delle coordinate
provocato dalla seriale disposizione di led verdi, nella seconda.
Evocativa è Ondulation di Thomas Mcintosh con Emmanuel Madan e Mikko Hynninen, in cui il suono, fuso con la luce,
trapassa un sottilissimo strato di acqua, creando suggestive figure sulle
pareti. Dislocati in quattro stanzette comunicanti, i lavori di Julien Maire risultano più “concettuali”, come
Exploding Camera,
un accrocco di fili e lucette, che rappresenterebbe la macchina fotografica
usata nell’attentato al comandante Massoud che continua a funzionare.
Legata al ricordo della madre scomparsa è M.O.M. (Multi
Oriented Mirror)
di Christian Partos: circa 5mila specchi inclinati che riflettono le diverse tonalità
create dalla luce.
E quando si ha a che fare con la tecnologia, pressoché
fisiologici sono anche i problemi tecnici, come quelli delle opere di Jeffrey
Shaw, Ulf
Langheirich e
Jean Michel Bruyère,
che al momento della nostra visita non erano “momentaneamente” visibili a causa della
difficoltà di avvio dei computer.
Life, allestita nello
spazio da poco restaurato de La Pelanda (ottimo lavoro dell’architetto Carmassi
nella Città delle Arti dell’ex Mattatoio), si saranno domandati se è la
tecnologia che è al servizio dell’arte o se, al contrario, è l’arte che è al
servizio della tecnologia. Questione controversa e aperta ormai da anni, poiché
il media stesso è discutibile, in costante bilico tra facile giochino di
intrattenimento ed eccellente strumento espressivo. Che tuttavia riesce a
suscitare una chiara curiosità e una forte attrattiva sugli spettatori che si
lasciano ipnotizzare da taluni lavori o trascinare nella costruita atmosfera di
altri.
Seppure è indubbio che non si tratti di un metodo dei più
ortodossi, è comunque un buon espediente, capace di far avvicinare il grande
pubblico all’arte contemporanea. E allora, che le pecorelle assetate accorrano
alla fonte e trascorrano un paio d’ore nel più totale abbandono dei sensi.
Però, a causa della struttura architettonica un tantino labirintica nonché
dell’allestimento, il visitatore deve tenere ben stretta la mappa per non
perdersi nessuna opera e tornare più volte sui propri passi per vederle tutte.
Degli artisti provenienti dai quattro angoli del mondo, a
rappresentare l’Italia c’è Martux_M (al secolo Maurizio Martusciello). In collaborazione con Lanvideosource ha realizzato un lavoro site
specific che appartiene alla serie di x-scape. “Un’installazione ispirata
dal luogo”, spiega ad Exibart l’artista, “in
cui c’è stretta correlazione fra suono immagine e corpo. Con frequenze basse e
immagini subliminali ai confini della percezione celebrare. Ovvero la
possibilità di vedere il suono”.
Di forte impatto emotivo sono le installazioni Matrix
II di Erwin
Redl e Life-Fluid,
invisible, inaudible… di Ryuichi Sakamoto + Shiro Takatani. Un’installazione multisensoriale
la prima, in cui alcuni parallelepipedi con acqua e vapore, ordinatamente
sospesi al soffitto, sono attraversati da fasci di luce che originano
evanescenti immagini sul pavimento. Un totale annullamento delle coordinate
provocato dalla seriale disposizione di led verdi, nella seconda.
Evocativa è Ondulation di Thomas Mcintosh con Emmanuel Madan e Mikko Hynninen, in cui il suono, fuso con la luce,
trapassa un sottilissimo strato di acqua, creando suggestive figure sulle
pareti. Dislocati in quattro stanzette comunicanti, i lavori di Julien Maire risultano più “concettuali”, come
Exploding Camera,
un accrocco di fili e lucette, che rappresenterebbe la macchina fotografica
usata nell’attentato al comandante Massoud che continua a funzionare.
Legata al ricordo della madre scomparsa è M.O.M. (Multi
Oriented Mirror)
di Christian Partos: circa 5mila specchi inclinati che riflettono le diverse tonalità
create dalla luce.
E quando si ha a che fare con la tecnologia, pressoché
fisiologici sono anche i problemi tecnici, come quelli delle opere di Jeffrey
Shaw, Ulf
Langheirich e
Jean Michel Bruyère,
che al momento della nostra visita non erano “momentaneamente” visibili a causa della
difficoltà di avvio dei computer.
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mostra visitata il 10 aprile 2010
dal 2 marzo al 2 maggio 2010
Digital
Life. Empower your senses
a cura di Richard Castelli
La Pelanda – Centro di Produzione Culturale
Piazza Orazio Giustiniani, 4 (zona Testaccio) – 00153
Roma
Orario: da martedì a venerdì ore 16-24; sabato e
domenica ore 12-24
Ingresso: intero € 6; ridotto € 4
Info: tel. +39
0645553000; promozione@romaeuropa.net; romaeuropa.net/digitalife/
[exibart]