Dopo aver ospitato tempo fa una temporanea sugli studi d’artista delle Accademie straniere a Roma – una sorta di Grand Tour capovolto opera del giovane Valerio Rocco Orlando – la Galleria Nazionale d’Arte Moderna torna a parlare in mostra degli studi d’artista, scegliendo per l’occasione di presentare artisti storici e metterne “in scena” i contesti di ideazione creativa. «Questa mostra nasce con una duplice motivazione:», spiega la direttrice Maria Vittoria Marini Clarelli, «da una parte, la volontà di esibire opere della nostra collezione che sono spesso non visibili al pubblico; dall’altra, quella di ricostruire un luogo della cultura così importante come può essere lo studio d’artista, uno spazio nel quale non solo si lavora, ma dove si costruiscono ispirazioni per tutti coloro che avranno modo di incontrarvisi ed interagire con quello spazio». La mostra, a cura di Massimo Minnini, si declina in sei atelier e un interno appositamente ricostruito per l’occasione.
Studio napoletano quello di Domenico Morelli (1893-1901), nel quale opere di grafica, bozzetti e dipinti trovano posto in un ambiente dimentico delle suggestioni romantiche e dal carattere orientaleggiante. Come scritto nell’incisione originale, nel 1891 l’artista Filippo Palizzi (1818-1899) donava ben trecento dipinti alla GNAM, principalmente studi di figura, paesaggi e piante realizzati intorno a Cava dei Tirreni; sul modello della quadreria classica, lo studio di Palizzi segue esattamente la ricostruzione che lo stesso artista fece nell’originale sede della Galleria Nazionale, oggi Palazzo delle Esposizioni.
Giunto a Roma da Torino nel 1895, Giacomo Balla (1871-1958) cambierà spesso sede del proprio studio: scelta per la mostra è quella del suo studio-abitazione vicino a via Nicolò Porpora, oggi non più esistente dopo essere stata abbattuta a seguito di una lottizzazione dovuta a quella Città che avanza sulla quale Balla aveva riflettuto. Accanto ad esempi di pittura di paesaggio e di ritratto dal carattere passatista, troviamo i primi esperimenti che lo porteranno alla grande svolta futurista.
Innamorato della pittura grazie al fatto di aver osservato il proprio padre dipingere per anni, il romano Ferruccio Ferrazzi (1891-1978) lavorò per molti anni in uno studio-capannone nella zona delle Sette Sale; lo spazio ricostruito alla GNAM è l’ultima residenza dell’artista in Piazzale delle Muse, dove tra un Focolare di stampo divisionista ed un fantoccio rappresentante Galileo, si evince quella dimensione di raccoglimento e sperimentazione tanto amati da Ferrazzi stesso.
Molto ricco di opere provenienti dalla collezione della Galleria Nazionale, lo studio dell’artista Renato Marino Mazzacurati (1907-1969) è quello di via Margutta, dove si trasferì nel 1938 e che poi cedette a Giulio Turcato. Già vicino a Mafai, Scipione e Raphaël dal 1926, Mazzacurati rese il proprio studio un punto di spunto ed ispirazione anche per altri artisti.
Grazie anche alla storia per immagini di Ugo Mulas, lo studio in via San Nicola da Tolentino a Roma di Giuseppe Capogrossi (1900-1972) prende vita svelando allo spettatore uno spazio dotato di una grande vetrata, che l’artista preferiva avere alle spalle per lavorare. Piuttosto che sviluppare il proprio estro sulla verticalità di una tela su cavalletto, l’artista prediligeva l’orizzontalità dello spazio d’appoggio di un tavolo molto simile a quello di un architetto.
Infine, l’ultima sala è dedicata alla grande installazione di Alik Cavaliere (1926-1998), dal titolo I Processi (1972). Ideato in un periodo di scontri e fermento del post Sessantotto – con i testi di Roberto Sanesi e le musiche di Bruno Canino – il teatro di Cavaliere composto da oltre cento elementi fra attaccapanni, valigie, scarpe, libri, riflette su un processo di duplice natura, sia sociale che temporale. Al manichino è affidato il ruolo di incarnare il senso del potere, un giudice che, con un rimando ai personaggi di Shakespeare, riflette la questione della giustizia, della pena, dell’assoluzione.
Grazie ad un’attenta ricostruzione fotografica – che non vuole avere una pretesa di carattere filologico quanto piuttosto offrire una finestra sul passato – e alla presenza di molte delle opere realmente esposte in quegli studi, lo spettatore entra a far parte di un’esperienza unica, partecipando della dimensione intima della creazione artistica. Nel mezzo del proprio percorso attraverso la collezione della Galleria, si diventa vouyeur invitati a sorpresa ad entrare in spazi che ben riescono a rendere viva l’atmosfera di luoghi ormai lontani. Lo studio d’artista, terreno fertile di scambi, incontri e riflessioni, torna a rivendicare quel ruolo centrale che ha sempre avuto nel corso della storia dell’arte, con la speranza che oltre ad essere “pezzo da museo”, possa tornare ad essere fulcro di interesse ancora in quell’oggi che sta scrivendo la storia dell’arte contemporanea.
La mostra si inserisce tra le iniziative dedicate agli studi d’artista in collaborazione con la Direzione generale PaBAAC, del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Il progetto fornirà un’inedita mappatura degli ateliers romani – da Canova ai nostri giorni- esaminati da un gruppo di lavoro composto da diverse professionalità. In una sezione della mostra un ambiente multimediale, realizzato da Spazio Visivo, presenterà un’anticipazione di questo lavoro. Il promo è curato da Marcella Cossu e Silvana Freddo, le fotografie sono di Roberto Galasso.
Alessandra Caldarelli
mostra visitata il 5 aprile 2014
Dal 3 marzo al 2 giugno 2014
Interni d’artista
Balla Capogrossi Cavaliere Ferrazzi Mazzacurati Morelli Palizzi GNAM – Galleria Nazionale d’Arte Moderna
Viale delle Belle Arti 131, Roma (Ingresso per disabili: via Gramsci 71)
Biglietto integrato mostra/museo: intero 12 €, ridotto 9,50 €
Orari: martedì – domenica 10.30 – 19.30 (la biglietteria chiude alle 18.45)