Di fronte ad una platea gremita di flash e di giornalisti, Fernando Botero (1932, Medellín) ha risposto alle domande che il Sovrintendente Claudio Strinati gli ha posto in merito ai quadri esposti a Palazzo Venezia. Il pittore colombiano ha prima di tutto riconosciuto i debiti della sua pittura nei confronti dell’arte fiorentina del Rinascimento. A vent’anni, durante un viaggio in Italia, rimase folgorato dalla pittura di Giotto, Masaccio e Michelangelo. Dalla loro idea di spazio e di volume. “Il volume è un’esaltazione della vita. L’arte deve essere sensuale e dare piacere. E il volume è sensualità” afferma sorridente davanti al suo auditorio. Secondo Botero, l’idea che l’arte debba dare piacere è un’idea tabù nell’arte contemporanea, dove spesso l’opera è rivolta ad una ristretta cerchia di addetti ai lavori.
Sono 170 le opere che Botero ha selezionato per questa mostra romana. Quadri di grandi dimensioni, disegni e sculture che illustrano il suo mondo personale, fatto di personaggi e ambienti tipicamente sudamericani: le atmosfere colorate e luminose che conosciamo e che fanno parte del suo repertorio. Corride di tori, persone a passeggio nei vicoli dei villaggi, uomini e donne che danzano, ritratti, scene di quella vita tranquilla di provincia che Botero ha conosciuto durante i suoi primi vent’anni di vita a Medellìn.
Accanto a questo mondo idilliaco e tranquillo, si affiancano l’orrore e la disperazione dipinti nelle cinquanta opere dedicate ad Abu Ghraib. I prigionieri del carcere iracheno sono descritti in tutta la drammaticità della loro condizione. Seminudi, legati, bastonati o torturati. I disegni e i quadri trasudano lo sdegno e la volontà di denuncia del loro autore per un’ingiustizia e una violenza intollerabili.
Botero racconta come la volontà di denunciare le atrocità commesse ad Abu Ghraib sia nata da un articolo letto sul New Yorker (il primo a riportare la notizia) cui sono seguiti tanti articoli pubblicati su vari giornali americani. Interrogato sul perché della scelta d’illustrare la violenza di Abu Ghraib piuttosto che quella commessa in tante altre parti del mondo, Botero ha sottolineato come a suo avviso, le vicende di Abu Ghraib siano particolarmente efferate, in quanto perpetrate dallo stato più ricco e potente del mondo, uno stato che ha la cultura e gli strumenti per impedire dei simili orrori. Come Picasso già fece con Guernica, dipinta nel pieno della guerra civile spagnola per denunciare le atrocità della guerra, Botero sembra ribadire oggi il valore dell’impegno civile nella sua arte.
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consuelo valenzuela
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Articolo molto interessante che ci fa conoscere molte cose in merito alle opere di denuncia di Fernando Botero.
L'inferno di Abu Ghraib è dipinto con arte, fa "vedere" il dolore e le ingiustizie unite a malvagità.