Video. Tele. Installazioni. Materia prima e idee. Sei creazioni francesi contemporanee sono il risultato dell’incontro di questi artisti, che si sono lasciati ispirare dall’incanto che filtra tra i viali di Villa Medici per dare sfogo alla propria creatività. L’approccio all’arte contemporanea è stato affrontato da sei visioni assolutamente diverse. In tutto. Così Guillaume Bardet ha trasformato i giardini della Villa in un salotto en plein air con levigate e tondeggianti panche seminate tra i viali verdi. Nel suo lavoro emerge la contraddizione tra l’esigenza di leggerezza e mobilità del design contemporaneo e la staticità, la pesantezza di cui carica le sue opere di marmo. Mobili sì, ma immobili. Chirstophe Brunnquell gioca con i media e offre ai visitatori la sua conturbante arte, comodamente impressa tra le pagine di un corposo (92 pagine!) quotidiano. Niente di più semplice per lui -già direttore artistico del fashion magazine Purple– che giocare con la carta stampata. Con un risultato curioso che si divide tra le immagini da sfogliare e la difficile la trama di significati da sciogliere.
Meno interessante il lavoro – in calcestruzzo – che oscilla tra l’ispirazione architettonica e l’ambizione di arte plastica di Edouard Ropars. Così come i grandi ritratti fotografici di Natacha Lesueur. Sette volti di uomini: nota comune un paio di occhiali da sole “decorati” da cibi e salse di vario genere, con la funzione di “dissacrare” il potere maschile in uno dei suoi punti più seducenti, lo sguardo.
E poi, immancabile, c’è la video-arte. Semplicemente quattro personaggi sullo schermo iridescente del video si rivolgono al pubblico raccontando degli aneddoti passati. Una serie di piani sequenza realizzati da Valerie Mrèjen raccolgono luoghi comuni e malintesi del quotidiano vivere, tra dettagli crudeli o scherzosi fotogrammi di esistenza. Contro il logorio della vita moderna?
A sollevare il morale artistico della rassegna, ecco un’opera semplice, ma che, forse, sa veramente di arte. Una serie di pannelli sovrastano le mura di una saletta: Blow-up è il nome della raccolta. Mathieu Weiler ne è l’artefice. Tutti realizzati in olio su tela, i quadri – di cui tre di dimensioni non trascurabili – sono un omaggio all’immaginario cinematografico. La cinematografia è l’arte più forte si legge su di un’opera-collage, composta da nove pannelli. Le tinte sono forti, contrastanti, i colori vivi e lucenti, le immagini ritratte hanno un sapore familiare. Sono icone della storia del cinema. Dal ruggente marchio della Metro-Goldin-Mayor all’austero logo dell’Istituto Luce. Monumenti di celluloide. A concludere, come da copione, troneggia, a caratteri cubitali, bianco su nero: FINE.
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