Fischerspooner, Piero Golia, Joseph Kosuth, Jonathan Monk, Maurizio Nannucci, Pascale Marthine Tayou e Nico Vascellari: artisti che a prima vista appaiono distanti, perché appartengono a generazioni differenti e perché diverse sono le ricerche artistiche e i campi di ricerca in cui lavorano, come testimoniano le loro opere.
Ciò che li unisce è l’aver ceduto al fascino del neon. Nel duplice ruolo di fonte luminosa e di media, il neon è quindi il protagonista assoluto della mostra, come evidenziato dal didascalico titolo, nonché dal curatore Achille Bonito Oliva: “
Il neon sembra essere il materiale adatto a rappresentare il massimo dell’impersonalità”. Il fatto che gli artisti lo abbiano utilizzato anche quale strumento di scrittura costituisce l’altro denominatore comune ai lavori esposti (due di essi, quelli di Kosuth e Nannucci, fanno tra l’altro parte della Collezione Giuliani, a conferma della stretta collaborazione fra alcuni collezionisti).
Di vari formati e colori e con diverse esigenze installative, nell’insieme le opere creano quell’atmosfera evanescente e nebbiosa da centro commerciale, con il serrato susseguirsi delle insegne luminose dei negozi. È
Piero Golia, con il suo capovolto
Welcome, a dare un ironico benvenuto in questo mondo irreale. La scritta, solitamente letta sugli zerbini delle case, è estraniata dalla propria funzione abituale e posta sopra la porta d’ingresso: con la patinata lucentezza del plexiglas, la sua natura sottosopra sottolinea come l’ordine delle cose sia ormai irrimediabilmente invertito.
Quest’accoglienza sembra essere rivolta all’
Idea di
Maurizio Nannucci, che crea tale motto attraverso la sovrapposizione delle diverse vocali differentemente colorate, con quel procedimento visivo peculiare della poesia sincretica, che sintetizza stili e linguaggi artistici diversi.
Tra questi due estremi si collocano gli altri lavori. L’ordine è ancora invertito nel concettuale e quasi magrittiano
W.: On Color #9 (Red) di
Joseph Kosuth: la frase al neon recita infatti “
I really see grey”, smentendo il titolo.
FS naturalmente stigmatizza, invece, la sigla di
Fischerspooner, il duo americano formatosi a New York nel 1998 e composto da
Warren Fischer e
Casey Spooner.
Fedele alla propria ossessione artistica, piuttosto in
David Crossing the Moon che in
Young Collector,
Pascale Marthine Tayou ripropone l’idea del viaggio e dell’incontro attraverso la sua caratteristica prassi di ’“accumulazione”, nella fattispecie icone religiose. Cinicamente sibillino, se non addirittura monito, suona il lavoro di
Jonathan Monk,
Untitled (A Fool And His Money Are Soon Parted).
Infine, da
Nico Vascellari il neon, “semplicemente” appoggiato sul pavimento, è utilizzato per congelare un ricordo, la memoria di una sua performance. Nonostante il romantico color rosa, l’allestimento a terra sembra sottolineare quel distacco dal passato che è necessario per vivere appieno il presente.