L’uomo, la natura, il linguaggio, il rapporto che unisce questi elementi è un processo circolare, ognuno di essi è legato al precedente in una sequenza ininterrotta di evoluzione che porta a ragionare sulle origini della conoscenza.
AlbumArte, spazio indipendente e no profit di Roma, propone una riflessione su questi temi ospitando la mostra “ORA (bajo al cielo de la boca)” a cura di Paola Ugolini, prima personale in Italia di Juan Zamora (Madrid, 1982), artista spagnolo che, dopo la sua esperienza romana come borsista presso la reale Accademia di Spagna nel 2016, torna a far parlare della residenza d’artista esponendo una serie di lavori realizzati per la Nirox Foundation di Johannesburg, esito di un lungo percorso alla ricerca delle radici della cultura. Una sovrapposizione ideale tra rappresentazione artistica e indagine archeologica che tenta di portare alla luce quelle tracce primitive del sapere analizzate dall’artista durante il viaggio fatto in Sudafrica a stretto contatto con uno dei siti più antichi della terra, punto di svolta in un’osservazione che, partendo dagli albori dell’umanità, arriva a individuare nel linguaggio l’elemento fondante.
In esso sono racchiusi i significati che l’uomo pone a presupposto delle proprie azioni, il linguaggio è il veicolo per la costruzione della realtà quotidiana, Heidegger difatti affermava che «solo dov’è linguaggio vi è mondo», e per Zamora, in un processo che passa dall’universale al particolare, è dal palato, evocato dal titolo della mostra, che scaturisce la parola e, con essa, la vita. Simbolicamente, il palato diventa quindi la base su cui l’artista lavora in diverse delle opere esposte, come in Cielo de la boca – River – Cave – Cielo, una serie di piccoli disegni realizzati su carte antiche, o in The Homo sapiens garden, dove un teschio, duplice emblema di vita e di morte, offre il proprio palato alla crescita di una pianta, rappresentazione della costante rigenerazione dell’alleanza tra uomo e natura come presupposto per la conoscenza.
Juan Zamora, The Homo sapiens garden, 2016; installazione: pietra e teschio con una pianta nel suo palato dimensioni variabili
Lo spazio di AlbumArte viene trasformato per l’occasione in una sorta di scavo dal quale i reperti riaffiorano occupando con discrezione gli ambienti, segni da cercare incuriositi percorrendo le architetture moderne, un cammino di crescita e comprensione che l’osservatore compie fino ad arrivare all’installazione centrale della mostra, The yellow font, un complesso gioco di rimandi grazie al quale l’artista ci permette di assistere alla nascita del linguaggio.
L’acqua ne è l’elemento primario, il suo è un ciclo obbligato, un movimento continuo pronto a sfociare in una singola goccia. Ed è il suono di una goccia che cade ritmicamente ad aver ispirato la primitiva umanità a utilizzare quel “click”, generato schioccando la lingua contro il palato, per comunicare con l’altro, una teoria basata sull’imitazione dell’ambiente ancora oggi rintracciabile nelle lingue khoisan in Sudafrica, un insegnamento diretto che passa dalla natura all’uomo.
Nel buio della sala, ormai simile a una caverna, in un clima di profonda spiritualità, osserviamo uno specchio d’acqua che riflette il suo cerchio perfetto sopra di noi, nell’immagine prodotta un’ombra primordiale, eco della nostra origine, che è con noi e dentro di noi, ci scruta.
Infine ancora uno scuro profilo, questa volta quello dello stesso artista, è protagonista di Standing up between the sun and megalith, videoperformance realizzata nel 2014 in cui Zamora, frapponendo la propria semplice e immobile presenza tra la luce del sole e i resti di un monumento preistorico in pietra, all’interno di un sito funerario sudafricano, rinvia alla durata e alla fugacità del nostro essere sulla terra, unica vera costante in una molteplicità di interpretazioni. Lo stato dell’umanità è nel presente, nel suo sviluppo incessante, in quest’ottica l’esplorazione di Zamora sulle fondamenta della cultura non può che dimostrare la continua necessità di lasciare aperto lo spazio a possibili e inaspettate soluzioni.
Sara Maria d’Onofrio
mostra visitata il 23 novembre
Dal 24 novembre 2017 al 20 gennaio 2018
Juan Zamora, Residenze #3 – ORA (bajo al cielo de la boca)
AlbumArte,
via Flaminia 122, Roma
Orari: da martedì a sabato dalle 15:00 alle 19:00
Info: www.albumarte.org