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Fino al 20.I.2018 | Quello che ho imparato da Giacomo Balla. Balla e Dorazio, | Futurism & CO, Roma

di - 16 Gennaio 2018
Siamo quasi giunti al termine della prima mostra, “Quello che ho imparato da Giacomo Balla” della neonata Futurism & CO art gallery, inaugurata a Roma lo scorso 20 ottobre 2017, a cura di Giancarlo Carpi.  Mentre si prepara la prossima mostra “eadweard muybridge avanguardia del Futurismo”, si può già fare un resoconto degli intenti di questo primo progetto ancora in corso.
Per tutti coloro che già conoscono l’Avanguardia Italiana di primo Novecento, e per quelli che la scopriranno in questi tempi, il binomio Carpi/Futurismo è sinonimo di garanzia, sia per il tempo impiegato nella ricerca, sia per la qualità del lavoro della ricerca. Carpi, è il cognome di una famiglia, che nel suo insieme, si prodiga da anni nella diffusione e protezione delle opere del Futurismo. Innanzitutto Massimo, il padre, tra i più appassionati collezionisti di arte futurista; poi Francesca, la primogenita, direttrice dell’Associazione Culturale Futur-ism di Roma, che dal 2000 si occupa di facilitare i prestiti di opere d’arte futuriste a Musei e Fondazioni; dulcis in fundo, il secondogenito, Giancarlo, critico d’arte che vanta già  la curatela di varie mostre nazionali e internazionali sul Futurismo italiano. Una vera squadra che riunisce ora, per l’appunto nella galleria Futurismo & CO, la propria passione e le maturate competenze.
Fin dall’inizio appare chiara la volontà non solo di mostrare il Futurismo in sé, ma i dialoghi possibili che il Futurismo ha intrattenuto con altri, o meglio ancora il Futurismo visto per mano altrui. Veniamo ora alla prima esposizione dal titolo significativo di: Quello che ho imparato da Giacomo Balla. Balla e Dorazio. In effetti più che una esposizione doppia, più che un confronto, la mostra ci dà la possibilità di riscoprire Balla attraverso Dorazio, e viceversa di svelare Dorazio attraverso la luce futurista.

Piero Dorazio, senza titolo, 1954 tempera su carta lucidata 78x78cm Courtesy Futurism&CO

La luce per l’appunto è la chiave di tutta l’esposizione. Le similitudini, le consonanze, le familiarità, le aspirazioni di entrambi gli artisti, vengono misurate in un raffronto serrato, sul modo di sferrare su tela i riverberi di luce. Questo modo di mettere insieme i due artisti è lampante quando già in apertura al percorso espositivo troviamo insieme, da un lato Dorazio con  Il Ponte di Carlo del ‘47 e dall’altro Balla con Linea di velocità + cielo + rumore del 1913.  Qui tolte le differenze di esecuzione, la prima è un olio dai colori più caldi e intensi, l’altro sono matite su carta dai colori molto soffici e ariosi, sembra che il modo di intendere la realtà dello spazio di Dorazio passi da una piena comprensione della linea/luce balliana. Le forme urbane della scena in Dorazio sembrano venir fuori dalle direzioni della luce che riflettendo nello spazio contrasta con le temperature dell’atmosfera. La direzione del vento, del calore, dei materiali, diviene la linea per tirare via una forma che sia l’essenza della realtà. A rafforzare l’originalità del concetto di Balla, è esposta una fresca acquisizione dei Carpi, Rumoristica plastica baltrr del 1914, che torna dopo tanto tempo finalmente nel nostro Paese e sottolinea come nel pieno della “Ricostruzione Futurista dell’Universo” la forma diveniva sintesi delle forze naturali e meccaniche (luce, rumore e materia mescolati al movimento). Dorazio riprende da dove Balla aveva lasciato circa la rappresentazione del dinamismo delle forme, scomposto secondo un’analisi strutturale delle varie forze che intervengono nella natura, non certo astrattismo puro o geometrico, ma bensì un astrattismo inteso come penetrazione della realtà concreta.
Questa mostra svela così l’importanza sottesa, di riscoprire una matrice tutta italiana dell’astrattismo dell’arte del Novecento, proteso verso lo spirito della luce, d’altronde una citazione di Dorazio in catalogo alla mostra, è chiarificatore: non esistono le immagini senza tenere conto della luce che le compenetra e le fa palpitare insieme a tutto ciò che le circonda. Luce e movimento sono l’essenza della realtà tutto il resto è illusione. Non solo Dorazio aveva perseguito la via battuta da Balla, ma era talmente convinto di tale percorso che fu il primo vero grande promotore del Futurismo e di Balla a New York, come testimoniato dallo stesso Carpi nel catalogo della mostra. Qui, vengono pubblicate le tre lettere che Dorazio inviò lungo il corso degli anni Cinquanta ad Achille Perilli dove è possibile ricostruire questa volontà e necessità di cementare la capacità dell’Avanguardia italiana. Organizzare questa esposizione, a cui seguirono presto altre è stato però anche il tentativo per Dorazio, di fissare le sue radici, far vedere che esisteva una sensibilità astratta futurista. Avanziamo poi verso il Dorazio degli anni Sessanta in cui il movimento si rafferma, quasi silenzioso, si nasconde. Bisogna ormai che sia lo spettatore a cercarlo. La tela si rassoda, i colori sono tirati fino all’estremo, quasi la pennellata corrisponde di netto alla forma. Tutto è minimale. Non a caso è il momento in cui il futurismo di Dorazio dialoga al massimo dell’intimità con l’astrazione post-pittorica di Rothko, Noland e Feely come nell’opera La Corsa, del 1968. Quest’ultimo intreccio ci mostra come sia proteico questo riscoprire Dorazio da Balla, e quante prospettive la lezione futurista possa aprire nei percorsi dei diretti successori, soprattutto nella rilettura storiografica del Novecento.
Possiamo ben dire di essere in pieno Duemila, ormai lontani dalle classificazioni ideologiche possiamo con più calma e serenità affrontare la questione dell’Avanguardia italiana cercando così di ristabilire le necessità critiche e i nessi storici. Da questa piccola galleria, al termine della visita di questa mostra, usciamo con una consapevolezza più certa: Balla è stato maestro di almeno tre generazioni di artisti in vita e il suo riverbero futurista ha continuato a vibrare ben oltre la sua morte.
Marcello Francolini
mostra visitata il 15 dicembre 2017
Dal 24 novembre 2017 al 20 gennaio 2018
Quello che ho imparato da Giacomo Balla. Balla e Dorazio
Futurism&Co
via Mario de’ Fiori 68, Roma
Orari: lunedì: 14.00 – 19.30 / martedì-sabato: 11.30 – 19.30 / domenica e festivi solo per appuntamento
Info: www.futurismandco.com

Nato a Firenze nel 1984, è critico d’arte e curatore indipendente. Laurea in Storia e Critica dell’Arte Contemporanea presso l’Università degli Studi di Salerno. Insegna Storia dell’arte Contemporanea all’ABAN di Nola. Curatore del Progetto Primo Mercato (2017) presso la Galleria Spazio Nea di Napoli, segnalato anche su Il Manifesto e La Repubblica. Collabora attivamente con Francesca Barbi Marinetti presso la D.D’arte s.r.l. di Roma come organizzatore di eventi e come promotore culturale de Futurismo. Ha curato il progetto Linea di Contorno esponendo oltre ad una sezione di artisti emergenti, la collezione Fabio e Leo Cei di Outsider Art, a Salerno nel 2016. È presente con Progetti di curatela presso Setup Contemporary Fair di Bologna, per l’edizione 2017 (Leonarda Cianciulli-La saponificatrice di Correggio, con l’artista Dario Agrimi) e l’edizione 2016 (Dis-Orientarsi, collettiva di 7 artisti campani). Ideatore del programma radiofonico Cattivi Maestri presso l’Unisound dell’Università di Salerno nell 2015; In Albania, Tirana, ha curato la mostra CorpoeCorpi (2015); Sempre in Albania, ha tenuto due Seminari sul Futurismo e sull’intellettuale di tipo nuovo con l’Istituto Italiano di Cultura (2013), segnalato sul Corriere della Sera. È presente nella pubblicazione Al di là della destra e della sinistra (S. Giovannini e R. Guerra a cura di). Ha collaborato come critico d’arte per la Casa Editrice Iemme Edizioni di Napoli. Collabora attivamente per la rivista d’arte Exibart. È Consulente per la sezione “mostre” della Fondazione Plart di Napoli.

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