Il piccolo “tempio” della street art romana è stato interamente tappezzato con le foto-poster degli
Artcock, il collettivo formato dai tre fotografi
Federico Maria Tribbioli (Roma, 1987),
Niccolò Berretta (Roma, 1986) e
Filippo Silli (Roma, 1987), che collaborano da due anni e che hanno dato vita al gruppo attivo sulla scena della Poster Art. I grandi poster fotografici affissi alle pareti della galleria/studio sono ispirati ai classici della pittura: si va dal
Cenacolo al
San Sebastiano, dalla
Deposizione al
Narciso. Gli spazi rimasti liberi sulle pareti e sul soffitto sono ricoperti da fotografie di piccolo formato, relative ai backstage delle opere presentate. Le foto sono tutte rigorosamente in bianco e nero e hanno cornici barocche, sempre stampate su carta fotografica e colorate a mano in oro.
Gli Artcock non sono interessati a riprodurre fedelmente i capolavori del passato, ma da questi traggono ispirazione per realizzare veri e propri
tableaux vivants nei quali rivisitano l’opera, ritraendosi e spesso coinvolgendo amici non appartenenti al collettivo. L’utilizzo quasi ossessivo della loro immagine rende dunque gli Artcock autori e al contempo interpreti dei loro lavori.
Grande cura è riservata alla ricerca delle location e all’allestimento dei set, con tutte le operazioni che preludono agli scatti fotografici; un lavoro di gruppo a cui partecipano tecnici e attori. Nella trasposizione dell’opera ai giorni nostri non manca una buona dose d’ironia: le frecce che trafiggono San Sebastiano, ad esempio, sono visibilmente attaccate con lo scotch e la colonna a cui è legato non è reale, ma dipinta; nella
Deposizione, il peso del Cristo trasportato sul lenzuolo non ha nulla della leggerezza dell’originale e lo sforzo dei compagni nel sostenerlo è palese.
Le opere da cui i poster sono tratti sono però immediatamente identificabili: la ricostruzione delle posizioni dei modelli è studiata con cura e anche i giochi di luce sono resi in modo tale da esser simili agli originali. Ciò consente agli Artcock una certa libertà e, in alcuni casi, la trasgressione nell’abbigliamento e nei particolari, poiché la riconoscibilità è già assicurata. Spesso perciò gli Artcock indossano tute da imbianchini: rendersi simili e in qualche modo neutri diventa una cifra stilistica.
I tre artisti lavorano con macchine reflex digitali e l’uso di Photoshop serve solo alla trasformazione delle immagini in bianco e nero, e al limite per aumentarne il contrasto; la foto non subisce nessun altro genere di ritocco. Le immagini sono stampate su carta da plotter laser di grande formato, su più rotoli, e vengono affisse come manifesti, la cui durata è di circa due mesi. “
I nostri sono lavori ‘di strada’”, tengono a precisare. “
Le strade normalmente sono piene d’immagini commerciali che ‘chiedono’ qualcosa. Noi con le nostre immagini, al contrario, speriamo di ‘dare’ delle sensazioni a chi le guarda”.