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08
aprile 2010
fino al 20.IV.2010 Giuseppe Moscatello Roma, CondottoC
roma
Rito e ornamento. Il mistero della festa dell’henné raccontato attraverso lo sguardo maschile. Quello di un italiano che vive negli Emirati Arabi. Una sottile sospensione tra visibile e invisibile...
Riguarda
la sfera femminile l’arte di tatuare il corpo con l’henné, sostanza ottenuta
dalla polverizzazione delle foglie della Lawsonia inermis, che in hindi suona ‘mehindi’, mentre in urdu è ‘henna’. Ancora oggi le donne nordafricane, arabe e
indiane vengono ornate con disegni eseguiti con l’henné. I ricami, arabeschi dalle
forme sinuose e reiterate – enfatizzazioni di geometrie e intrecci floreali –
invadono mani, piedi e braccia, in una sorta di horror vacui.
In
alcuni paesi questo tipo di pittura dal tipico colore rossiccio – in una
gradazione di toni dal bruno all’arancio – segna il passaggio dall’età
infantile a quella adulta, oppure identifica le ragazze da marito, ma più
generalmente è associata al rito nuziale.
Rito
e ornamento, quindi, confluiscono simbolicamente in quella che è una pagina nuova
nella vita della donna: è elemento di purificazione e, allo stesso tempo, di
esorcizzazione delle negatività. Ma, soprattutto, è un momento di festa,
un’anticipazione della celebrazione del matrimonio, a cui sono invitate a
partecipare soltanto le donne.
Ciò,
naturalmente, fertilizza l’immaginario maschile che ne è incuriosito, anche
perché escluso. Un tema che ha affascinato Giuseppe Moscatello
(Botrugno, Lecce, 1979; vive a Sharjah), in quanto straniero che si trova a vivere
dall’interno – avendo sposato una giovane donna degli Emirati Arabi Uniti –
usanze culturali lontane da quelle d’origine.
Riprendendo
le coordinate del suo linguaggio artistico, da sempre attento alle tradizioni
religiose e culturali dell’Italia meridionale, Moscatello presenta Henna, un progetto che considera una sorta di work in
progress: “Mi piacerebbe continuarlo associando gli elementi della festa
dell’henné con la contemporaneità e raccontandone i suoni, il cibo e anche il
trucco sul volto delle spose – quasi una maschera – che non si usa nel
quotidiano”.
Nello
spazio espositivo sono esposte tre grandi stampe su pvc e una tenda bianca su
cui scorrono le immagini in bianco e nero di un video, retroproiettato,
racchiuse in una sorta di cornice. “Il video è un po’ documentario e un po’
pittorico”, continua l’artista. “Racconto lo svolgersi
dell’evento focalizzando, però, il mistero della festa”. Le immagini desaturate si connotano di
ambiguità, accompagnate come sono dai suoni rallentati.
Le
elaborazioni fotografiche, invece, si concentrano sulle mani, “che sono la prima parte del corpo che spunta
dall’‘abaia’, il costume tradizionale indossato dalle donne del golfo, ma anche
per citare il Mudra indiano, ovvero la pratica dello yoga delle mani,
considerando l’origine stessa della pittura con l’henné”.
Moscatello
utilizza due pattern principali che sovrappone, creando un grande puzzle
dinamico: elementi ordinati, specchianti (come in una tavola del Rorschach),
ripetuti secondo le regole del design indiano, confluito in quello islamico. “Ogni
particolare riflette l’intimità e il mistero dell’evento”, scrive
il curatore Sultan Sooud Al Qassemi, “come se il pubblico stesse osservando
attraverso un caleidoscopio che continua a cambiare e riformarsi, con le stesse
dinamiche in cui la cultura si evolve e si trasforma con il passare del tempo”.
la sfera femminile l’arte di tatuare il corpo con l’henné, sostanza ottenuta
dalla polverizzazione delle foglie della Lawsonia inermis, che in hindi suona ‘mehindi’, mentre in urdu è ‘henna’. Ancora oggi le donne nordafricane, arabe e
indiane vengono ornate con disegni eseguiti con l’henné. I ricami, arabeschi dalle
forme sinuose e reiterate – enfatizzazioni di geometrie e intrecci floreali –
invadono mani, piedi e braccia, in una sorta di horror vacui.
In
alcuni paesi questo tipo di pittura dal tipico colore rossiccio – in una
gradazione di toni dal bruno all’arancio – segna il passaggio dall’età
infantile a quella adulta, oppure identifica le ragazze da marito, ma più
generalmente è associata al rito nuziale.
Rito
e ornamento, quindi, confluiscono simbolicamente in quella che è una pagina nuova
nella vita della donna: è elemento di purificazione e, allo stesso tempo, di
esorcizzazione delle negatività. Ma, soprattutto, è un momento di festa,
un’anticipazione della celebrazione del matrimonio, a cui sono invitate a
partecipare soltanto le donne.
Ciò,
naturalmente, fertilizza l’immaginario maschile che ne è incuriosito, anche
perché escluso. Un tema che ha affascinato Giuseppe Moscatello
(Botrugno, Lecce, 1979; vive a Sharjah), in quanto straniero che si trova a vivere
dall’interno – avendo sposato una giovane donna degli Emirati Arabi Uniti –
usanze culturali lontane da quelle d’origine.
Riprendendo
le coordinate del suo linguaggio artistico, da sempre attento alle tradizioni
religiose e culturali dell’Italia meridionale, Moscatello presenta Henna, un progetto che considera una sorta di work in
progress: “Mi piacerebbe continuarlo associando gli elementi della festa
dell’henné con la contemporaneità e raccontandone i suoni, il cibo e anche il
trucco sul volto delle spose – quasi una maschera – che non si usa nel
quotidiano”.
Nello
spazio espositivo sono esposte tre grandi stampe su pvc e una tenda bianca su
cui scorrono le immagini in bianco e nero di un video, retroproiettato,
racchiuse in una sorta di cornice. “Il video è un po’ documentario e un po’
pittorico”, continua l’artista. “Racconto lo svolgersi
dell’evento focalizzando, però, il mistero della festa”. Le immagini desaturate si connotano di
ambiguità, accompagnate come sono dai suoni rallentati.
Le
elaborazioni fotografiche, invece, si concentrano sulle mani, “che sono la prima parte del corpo che spunta
dall’‘abaia’, il costume tradizionale indossato dalle donne del golfo, ma anche
per citare il Mudra indiano, ovvero la pratica dello yoga delle mani,
considerando l’origine stessa della pittura con l’henné”.
Moscatello
utilizza due pattern principali che sovrappone, creando un grande puzzle
dinamico: elementi ordinati, specchianti (come in una tavola del Rorschach),
ripetuti secondo le regole del design indiano, confluito in quello islamico. “Ogni
particolare riflette l’intimità e il mistero dell’evento”, scrive
il curatore Sultan Sooud Al Qassemi, “come se il pubblico stesse osservando
attraverso un caleidoscopio che continua a cambiare e riformarsi, con le stesse
dinamiche in cui la cultura si evolve e si trasforma con il passare del tempo”.
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de leonardis
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visitata il 30 marzo 2010
dal 31 marzo al 20 aprile 2010
Giuseppe Moscatello –
Henna
a
cura di Sultan Sooud al Qassemi
CondottoC
Via Filippo Re, 8/a (zona Quadraro) – 00175 Roma
Orario: su appuntamento
Ingresso libero
Info: +39 3283914501; info@condottoc.com; www.condottoc.com
[exibart]