Nata da una proposta del ministro Francesco Rutelli, questa mostra si incentra sulla scrematura di una collezione, in gran parte messa insieme da Angelo Guido Terruzzi durante l’arco della sua vita. Un corpus vasto, unico al mondo, con opere che coprono un arco temporale che va dal XIV al XX secolo, qualificandosi come una delle più importanti collezioni della seconda metà del ‘900. Dopo l’esposizione permanente nella hall dell’Hotel Cavalieri Hilton di Roma del ciclo pittorico realizzato da Giambattista Tiepolo (Venezia, 1696 – Madrid, 1770) e Nicolò Bambini (Venezia, 1651/2 – 1736/39) per il salone di Palazzo Sandi a Venezia, parte di questa raccolta viene esposta con l’augurio che la collezione intera possa trovare esposizione permanete presso una giusta sede.
In questa circostanza, particolare attenzione è dedicata alla pittura italiana, che spazia dalle antiche tavole a fondo oro, alle opere veneziane del ‘500, ‘600 e ‘700. Spiccano tra i nomi più rappresentati Francesco Guardi (Venezia, 1712-1793), Francesco Zuccarelli (Pitigliano, 1702- Firenze, 1788) e Jacopo Amigoni (Venezia (o Napoli), 1682 ca.- Madrid, 1752). Una nota a parte merita un’opera giovanile del Canaletto (Marghera, 1697 – Venezia, 1768), un Capriccio firmato e datato 1723.
Gli oltre millecinquecento metri quadrati del Vittoriano sono saturi di oggetti d’arte, legati dall’unico filo conduttore dell’amore per la bellezza. Il principio di base, estetizzante per eccellenza, nasce dal desiderio di prestigio e abbraccia ogni espressione della creatività. La collezione infatti comprende arazzi, statue, orologi d’epoca, argenteria, mobili intarsiati, porcellane italiane, francesi, tedesche, orientali, e molto altro ancora. Interessante anche la raccolta di arte contemporanea, che comprende maestri del ‘900 presenti con opere sia astratte che figurative.
Una particolare attenzione è stata data alle opere di Renato Guttuso (Bagheria, 1912 – Roma, 1987), Antonio Ligabue (Zurigo, 1899 – Gualtieri, Reggio Emilia, 1965), e Lucio Fontana (Rosario di Santa Fé, Argentina 1899 – Varese, 1968), con tre splendidi concetti spaziali. Si cammina lungo la prima metà del percorso e si resta colpiti, non solo dalla qualità delle opere esposte, ma anche da un’infiltrazione d’acqua sul soffitto del museo (d’epoca anche quella?), dalla quasi totale assenza di guardiani e dall’insufficienza dei sistemi di allarme. Inadeguata anche la sede espositiva (prestigio a parte), dove le opere sono accumulate quasi su se stesse e limitate dalle fattezze architettoniche dell’edificio. Buie scalinate, soffitti infiniti e corridoi ricolmi infatti, non permettono allo spettatore di fruire disinvoltamente delle opere esposte.
daniele fiacco
mostra vista il 27 aprile 2007
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