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fino al 20.VI.2002 | Paesaggio italiano | Roma, Stazione Termini – Atrio

di - 20 Giugno 2002

Il Paesaggio è soggetto così multiforme, da risultare assolutamente inesauribile nella scansione dell’occhio umano. Ogni artista lo interpreta con la propria sensibilità. E’ questa la scommessa dei circa venti fotografi impegnati nel progetto Paesaggio Italiano, non più terra di discorsi lisi e consunti. A volte specchio distorto, altre, fedele effigie dell’interiorità dell’artista. Ed è proprio l’apparente essere esauribile e la ridondanza del soggetto natura ad essere smentita.
Ogni scatto, eternato dalla memoria dell’Arte, riporta come titolo il nome del luogo, della cornice di quello squarcio di pensiero. Un delicato panneggio a colori o in bianco e nero che allude ed illude l’occhio. Come la Toscana di Marialba Russo, avvolta da una nebbia ancestrale che assimila l’acqua alla forma cangiante delle nuvole e delinea varchi di luce tra le radure; o come le fotografie di Luca Campigotto che alternano – dimezzando quasi l’obiettivo in un dualismo fatto di roccia ed orizzonte impalpabile – concretezza ed astrazione, esistenza ed illusione. Ma vi è anche chi intende il Paesaggio Italiano non più avulso da presenze umane, atte, piuttosto, a valorizzare e personalizzare lo spazio naturale. Un pacifico avvicendarsi di carne e di terra. Come nell’affascinante interpretazione di Patrizia Casamirra, che dipinge un onirico sposalizio tra la campagna circostante Montepulciano ed un corpo nudo di donna che, sensualmente, s’insinua nell’ampio spazio prospettico di un sentiero o tra le spoglie di un antico albero. Antonio Biasiucci, inserisce inconsapevoli figure umane, seguendo piuttosto la poetica rosselliniana della scoperta dell’ambiente attraverso i movimenti dell’attore: l’uomo quindi come tramite per la conoscenza visiva delle cime dell’Etna e del Vesuvio, delle solfatare.
Spesso però la presenza umana è meno contingente di orme ed ombre, più tacita ed incisiva dell’occhiolino del sole e della foschia mattutina. Gabriele Basilico non immortala né uomini, né greggi di pecore (come invece fa Marco Anelli, caratterizzando le distese della Ciociaria) bensì un paesaggio delimitato e ferito dall’intervento tecnologico: l’imponente autostrada del Brennero, un treno in veloce movimento tra i monti di Aosta, navi e corde annodate nel golfo di Napoli. Minnella sembra stilare un patto, un segreto accordo tra due antichi giganti, compagni di ataviche sfide: la zolla e l’aratro. Cairoli ci svela la pianura ritmata dal cadenzato passo dei pali della luce.
Romantico e struggente è il Paesaggio Italiano favoleggiato da Enzo e Raffaello Bassotto, che accarezzano di un bianco e nero dai riflessi mutevoli allo sguardo, l’armonia del Garda nell’ora del tramonto già consunto. Orizzonte materno e melodioso dell’acqua. Ma Francesco Radino pare raccogliere la sfida del lago, intitolando Verbania le sue opere, che danzano in bilico tra la riva e l’onda quieta.
Nell’utopia neorealista di Roberto Rossellini l’immagine autoptica era quella visione scaturita dall’universale vedere la realtà con i propri occhi, creando più centri, atti a conservare la poliedricità del pianeta. Così il paesaggio resta sceneggiatura prediletta dagli artisti, che si avvicendano nell’aggiungere originali e sentite interpretazioni.

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laura messina


Paesaggio italiano; Stazione Termini – Atrio; p.zza dei Cinquecento. Ingresso: gratuito. Orario: Tutti i giorni 10,00 – 18,00 tel. 06/478411

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