È a Roma dal 1 settembre,
Masao Okabe (Nemuro, Hokkaido, 1942, vive a Kitahiroshima), per la sua prima personale,
Attingendo Memorie, all’Istituto Giapponese di Cultura (nel ’91 aveva partecipato alla collettiva
Simultaneità, nuove direzioni nell’arte contemporanea giapponese al Museo di Roma). Il curatore è Chihiro Minato, che ha selezionato il suo lavoro anche per il padiglione giapponese alla 52. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia. In questi giorni, perciò, è facile incontrarlo in giro per la città -soprattutto al Ghetto e a Santa Maria in Trastevere- mentre realizza i suoi frottage.
“
La mia è solo una piccola parte all’interno di un processo che comunque ogni essere umano dovrebbe porre in atto. Cioè quello di conservare la memoria”, spiega l’artista.
“Mi piace, poi, che l’atto artistico sia sperimentato anche da altri fruitori, non solo dall’artista. Ognuno può dare e ricevere molte impressioni attraverso le varie fasi del lavoro, che andrà a far parte del bagaglio mnemonico. Il frottage, infatti, implica il toccare, lo sfregare, il ricopiare, il guardare… quindi coinvolge in maniera completa un po’ tutti i sensi. Sia di chi lo effettua, sia di chi lo guarda.”.
Questo processo innescato dal fare artistico trova ulteriori stimoli, quindi, nel coinvolgimento della gente. I ricordi cominciano ad affluire, a Roma come a Venezia o a Parigi, città su cui è incentrato il suo ultimo lavoro esposto a Roma, insieme a tre opere su Hiroshima della serie
After Ujina, ponte ideale con il progetto
Is There a Future for Our Past?: The Dark Face of the Light, in corso ai Giardini della Biennale.
Fogli di carta di varie dimensioni e spessore, lucidi, veline. L’opera più grande è un cerchio grigio di sanpietrini che emerge da sei cartoncini neri uniti fra loro. La forma circolare ricorda che in quel luogo specifico -piazza Giudia- c’era una fontana. Un’antica e bella fontana del tardo cinquecento disegnata da
Giacomo della Porta che, nel 1930, è stata rimossa dal luogo originario e trasportata nella piazza accanto. Ci sono volute cinque ore per realizzare il frottage, durante le quali passanti e gente del quartiere si sono affacciati curiosi. “
Ognuno mi raccontava la storia della fontana, mi hanno mostrato foto e vecchie stampe. Un vinaio mi ha perfino regalato del vino. A Santa Maria in Trastevere, invece, mi sono concentrato sull’interno, iscrizioni tombali, sculture, rosette, decorazioni… Questo luogo mi ha attratto perché mi ha dato l’idea di come all’interno di uno stesso edificio possa convivere un passato diverso”.
Ancora una memoria di tipo urbano quella di Venezia, concentrata sui pozzi. Scudi, spirali, torri, figure mitologiche, decorazioni a bassorilievo che vanno dileguandosi nel tempo… “
Ho percepito lo scorrere del tempo e come questo abbia rimodellato e modificato questi pozzi”, spiega Okabe. “
Con sorpresa ho scoperto che nonostante Venezia sia una città d’acqua ha sempre sofferto per il problema dell’approvvigionamento idrico. Al centro delle calli veneziane c’è sempre un pozzo. Oggi inutilizzati questi pozzi sono stati coperti da coperchi di ferro, ma non sono stati tolti. Tuttora sono luoghi d’incontro dove ci si scambia il saluto, una chiacchiera.”.
Dall’esterno all’interno, a Parigi, dove l’artista ha scelto un luogo emblematico per l’arte, la tipografia Idem a Montparnasse. Quanti artisti delle avanguardie –
Picasso,
Matisse,
Braque– hanno calpestato lo stesso pavimento che ha catturato anche la sua attenzione, macchie d’inchiostro incluse.
manuela de leonardismostra visitata il 7 settembre 2007