Un uomo labirintico – annotava Camus nei Taccuini – non cerca mai la verità, ma sempre e soltanto Arianna. Ci troviamo nella Dorothy Circus Gallery di Roma (una delle poche gallerie romane, forse l’unica, dedicata al Pop Surrealism) dove è in corso l’inaugurazione di “Lost in a Fragile Myth”, la nuova personale di Ray Caesar (Londra, 1958). Immaginosi cammei in stile rococò incastonati in quinte di cinabro: questa, d’abbrivio, la prima impressione d’insieme. Chiediamo alla gallerista Alexandra Mazzanti il motivo della sua passione per questa capricciosa declinazione del Pop. Il Pop Surrealism – ci spiega – è il movimento artistico di rottura, nato alle soglie del secondo millennio, responsabile del cambiamento radicale che oggi distacca l’arte contemporanea internazionale dai canoni dell’astrattismo. Nasce nei vicoli nascosti dell’underground culture, per poi svilupparsi attraverso le molteplici contaminazioni globali e irrompere come movimento artistico unico nel suo stile. Gli artisti – continua – si sono riappropriati dell’abbandonato linguaggio figurativo e della sua eccellenza tecnica, così come di un figurativismo spirituale, volto ad una rinnovata ricerca e consapevolezza del surreale e dell’ultraterreno, che pone le sue basi nella pittura classica e nell’arte sacra. I diktat di questa dolce e amara rappresentazione della realtà contemporanea chiamata Pop Surrealism, oggi dilagano, contaminando i linguaggi estetici della moda, del cinema, della fotografia.
Ray Caesar, Lost in a fragile myth, vista della mostra
Ray Caesar coniuga con sapiente destrezza la Digital Art – i suoi quadri sono realizzati con Maya, un software di computer grafica 3D – con i codici visuali del Rococò di Boucher e Fragonard. Ma qual è – chiediamo ancora ad Alexandra Mazzanti- il suo peculiare contributo a questa singolare tendenza estetica? Gli echi del passato, il trauma della sofferenza vissuta in prima persona da bambino, la memoria delle violenze e degli abusi subiti dal padre, insieme alla dolorosissima testimonianza del lavoro svolto presso l’ospedale pediatrico di Toronto, dove l’artista fotografava le malformazioni, fanno di Ray Caesar l’Abramovic del movimento. Non si tratta solo di estetica ma di profonda ricerca psicanalitica. Le sue creature femminili così algide, così sfacciatamente seduttive, così cinicamente infantili, sembrano provenire da un improbabile Paracosmo dove il sogno, il mito, la memoria si intrecciano in un gioco tragicomico. Abbiamo chiesto all’artista cosa significasse per lui il mito. “Credo che ciascuno di noi abbia nel profondo un racconto misterioso della propria vita – ci dice Ray Caesar – Ne riviviamo continuamente gli eventi più significativi e il nostro mito personale si evolve intorno a questi ricordi. Le nostre vite diventano come un fragile mito… I ricordi e gli eventi sono la struttura di un proprio mito in evoluzione… e la vita in fondo è un po’ come un labirinto, fatto di percorsi intricati e vicoli ciechi, passaggi segreti per infinite possibilità. Come Teseo: sai da dove vieni e sai dove devi andare grazie al filo della tua vita”.
Luigi Capano
Mostra visitata il 20 ottobre
Dal 20 ottobre al 20 novembre 2018
Ray Caesar, “Lost in a Fragile Mith”
Dorothy Circus Gallery
Via dei Pettinari 76, Roma
Info: Tel.06 68805928, info@dorothycircusgallery.com