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fino al 21.I.2010 | Abbas Kiarostami | Roma, Il Gabbiano

di - 12 Gennaio 2010
La
strada, il cammino, in un’accezione che è metaforica e poetica, è un’immagine
ricorrente nel linguaggio di Abbas Kiarostami (Teheran, 1940). Entra ed esce dai suoi film, a
cominciare da Il vento ci porterà via (premio speciale della Giuria a Venezia, nel 1999), ed è anche il
leitmotiv di questo nuovo appuntamento alla Galleria Il Gabbiano, preceduto nel
2001 dalla personale realizzata in occasione dell’uscita di ABC Africa, un film sulla piaga dell’Aids, girato in Uganda.
Si
tratta di una mostra attraversata dal silenzio. Dodici immagini fotografiche di
grande formato in cui il silenzio stesso è uno spazio fisico quanto la natura,
modulato dai passaggi chiaroscurali del bianconero o, nelle stampe a colori,
filtrato dalle gocce di pioggia sul vetro del parabrezza.
L’uomo,
in questa visione minimale, è una presenza indiretta: implicita in quei fanali
rossi in mezzo alla precipitazione atmosferica (tante virgole liquide sul vetro
dell’automobile) o nella casetta con il tetto spiovente sulla cima di una
collina; solo accennata nel profilo di quel contadino, in lontananza, a dorso
d’asino.
Inquadrature
che evocano momenti e luoghi diversi, perché la macchina fotografica accompagna
da sempre il regista iraniano, soprattutto nei sopralluoghi e durante le
riprese dei suoi film. Lo scarto emotivo c’è, eccome. Un distacco dalla realtà
che lascia libertà allo sguardo e alla mente dello spettatore.
Apparentemente
sono inquadrature di grande serenità, realtà ben lontana – in verità – da
quella che Kiarostami si trova a vivere quotidianamente nel suo paese, dove i
suoi film sono vietati da oltre un decennio (l’ultimo proiettato è stato Il
Sapore della ciliegia
, Palma d’oro
a Cannes nel 1996).

Queste mie foto e visioni sono il contrario della
società iraniana e di quello che succede in Iran
”, afferma. “Ho iniziato a fare foto così
venticinque anni fa e, se ancora oggi continuo a scattarle nello stesso modo, è
perché la gente può rovinare la società, ma non le pianure e la natura
”.
Tra
un viaggio all’estero e l’altro (il nuovo lungometraggio, Copia conferme, è stato girato in Toscana) è sempre a Teheran che
Kiarostami torna. “Sicuramente preferisco la fotografia in bianco e nero
perché, soprattutto quando fotografo la natura, mi permette di farla diventare
la ‘mia’ natura
”.
Una
natura, comunque, molto diversa rispetto a quella fotografata da un altro
grande interprete iraniano, Nasrollah Kasraian, a cui va il merito di esser stato il primo
fotografo a occuparsi di paesaggi nel suo paese. Pur essendo rimasto
profondamente colpito dal lavoro Damavand (1992), Kiarostami prende le distanze dalla visione lucida di
Kasraian: i suoi sono frammenti interiori.

Qualche
volta, però, c’è di mezzo il caso. Rain series, ad esempio, è nata nel 2007-08: “Stavo
guidando, pioveva e il tergicristallo non funzionava. La macchina fotografica
era sul sedile, accanto a me. Mi sono fermato e ho cominciato a scattare foto.
In questi due anni ne ho scattate oltre cinquanta!
”.

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visitata il 21 dicembre 2009


dal
21 dicembre 2009 al 21 gennaio 2010
Abbas
Kiarostami – Fotografie a colori e bianco e nero

Galleria Il Gabbiano
Via della Frezza, 51 (zona
piazza Augusto Imperatore) – 00186 Roma
Orario:
da martedì a sabato ore 16-20 o su appuntamento
Ingresso
libero
Info:
tel. +39 063227049; fax +39 063220401; info@galleriailgabbiano.com; www.galleriailgabbiano.com

[exibart]


Nata a Roma nel 1966, è storica e critica d’arte, giornalista e curatrice indipendente. Con Postcart ha pubblicato A tu per tu con i grandi fotografi - Vol. I (2011), A tu per tu con i grandi fotografi e videoartisti - Vol. II (2012); A tu per tu con gli artisti che usano la fotografia - Vol. III (2013); A tu per tu – Fotografi a confronto – Vol. IV (2017); Cake. La cultura del dessert tra tradizione Araba e Occidente (2013), progetto a sostegno di Bait al Karama Women Center, Nablus (Palestina). E’ autrice anche Taccuino Sannita. Ricette molisane degli anni Venti (ali&no, 2015) e Isernia. L’altra memoria – Dall’archivio privato della famiglia De Leonardis alla Biblioteca comunale “Michele Romano” (Volturnia, 2017).

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