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Fino al 21.IV.2015 | Svenja Deininger, Every something is an echo of nothing | Federica Schiavo Gallery, Roma

di - 17 Aprile 2015
Gli artisti dell’astrazione post-pittorica (da Rothko in avanti) non l’avrebbero mai voluta per amica, ancor meno un certo Malevič. Troppo poco oggettiva, non si accontenta di due dimensioni. Ma per Svenja Deininger (Vienna, 1974) l’astrattismo geometrico più che una scelta di campo è una scelta di “campitura”, che l’ha portata a sperimentare soluzioni in pieno liberismo creativo, dinamismi potenziali e illusioni prospettiche tra reale finzione e finta realtà. Pathos desaparecido (in totale meno di Barnett Newman e Kenneth Noland messi assieme, due artisti che comunque le appartengono), ma una gran carica di raziocinante cura per il dettaglio, dote con cui la Deininger ha lavorato gomito a gomito, e in maniera pressoché costante, per tutti i recentissimi lavori presenti in questa nuova personale.
Compagno fidato l’olio, sempre, ma con una sorprendente antologia di rapporto pigmento-legante, proporzionale alla possibilità di costruire ogni volta differenti superfici pittoriche. “Costruire”, non “dipingere”, verbo/azione che veste al meglio la tendenza strutturale (sottostimata nella resa fotografica, un caloroso invito ad osservare le opere dal vivo) della Deininger, per resa generale nemmeno lontana da alcune saturazioni fotografiche di Franco Fontana. A “fare struttura” si parte ovviamente da un elemento (spesso) fondamentale per un artista visivo: la tela, primo oggetto ad entrare nella personale top three dell’artista di Vienna. Può sottostare ad uno scontato “c’è ma non si vede” (comunque in misura più o meno netta), oppure esserci totalmente, ben in vista, coinvolta direttamente con una texture appena macchiata da un olio steso per velatura. Dopo la tela il colore, in campiture ripartite per forme irregolari e definite con spasmodica attenzione, rette taglienti o linee tondeggianti (che se non sono ancor più taglienti certo non tentano di “addolcire” un bel nulla), alle volte intervallate da passaggi sfumati che mostrano il lato più pittorico in senso stretto della Deininger.

Terzo elemento top: nell’insieme creare un tracciato geometrico variamente complesso, indipendente dalle dimensioni (altra cifra meritevole di una parentesi, soprattutto se si considera che in questo caso ha lavorato alle dimensioni da “pala d’altare” con la stessa perizia dedicata ad una “piccola icona”), non espressamente preordinato, che punti a stupire con sbalzi cromatici pretenziosi in senso visivo. E tattile. La pittura della Deininger possiede infatti una fisicità radicata (misura estrema di quella “tendenza strutturale” di cui sopra), fatta di spessi millimetri pittorici e alterazioni superficiali che rispediscono tutto il discorso della percezione visiva al dominio materico. Per questo verrebbe voglia di passare i polpastrelli su ogni superficie (ma le regole del bon ton da galleria sconsigliano), per appurarne appieno la consistenza, e saggiare fino a che punto in diverse aree i vari livelli di olio abbiano interferito sull’elasticità della tela.
Half & half, metà effetto visivo, l’altra metà impatto fisico scritto in una sorta di testo braille; combinando queste due aspirazioni si raggiunge l’acme del gioco tra illusione prospettica e struttura pittorica, quando viene eliminata una porzione di tela, e parte integrante dell’opera diviene la parete della galleria. Bianca, ma potrebbe essere in qualsiasi altro colore, a “discrezione dell’utente”, palesando una cosciente estraneità dell’artista verso la preventiva determinazione nei contenuti dell’opera.
Andrea Rossetti
mostra visitata il 3 aprile
Dal 19 marzo al 21 aprile 2015
Svenja Deininger, Every something is an echo of nothing
Federica Schiavo Gallery
Piazza Montevecchio 16 – 00186 Roma
Orari: da lunedì a sabato, ore 12 / 19
Info: tel. +39 0645432028; www.federicaschiavo.com

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