Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
06
giugno 2008
fino al 21.VI.2008 Emilio Vedova Roma, Studio Campaiola
roma
Amava la pittura, l'emozione del gesto, l'intensità del movimento, il vuoto e il pieno, il bianco e il nero. Un gioco di strappi sensibili fra l'artista e la tela. Un veneziano a Roma, dal museo alla galleria...
A due anni dalla morte dell’artista, reso omaggio alla sua memoria in occasione dell’ultima Biennale di Venezia e a pochi mesi dalla retrospettiva dedicatagli dalla Galleria Nazionale di Arte Moderna, Campaiola propone una sintesi visiva delle opere di Emilio Vedova (Venezia, 1919-2006) -artista visionario e innovatore, filosofo e poeta- nell’arco temporale di un ventennio, dagli anni ‘60 agli ‘80.
Un’introduzione antropologica all’uomo Vedova è quella che inaugura il catalogo della mostra: attraverso i contributi di Costanzo Costantini e Duccio Trombadori, si acconsente a una lettura delle opere dell’artista veneziano “erede di Jacopo Tintoretto” (Costantini) che trapassa la superficie pittorica e apre a una dimensione emotiva della pura visione.
Vedova era ribelle alle tassonomie. Difficilmente le sue affiliazioni a gruppi, partiti o movimenti artistici resistevano a lungo; parimenti, a chi soleva azzardare efficaci paragoni con affermati artisti internazionali si affrettava a rispondere modulando le proprie tecniche, variando i supporti -dal compensato alla tela, al cartone, alla faesite, a materiali in acciaio e bronzo- decostruendo la superficie bidimensionale e travalicando nella terza dimensione pittorica: le sue installazioni erano estensioni nel tempo prima ancora che nello spazio.
Era prevalentemente al Tintoretto che Vedova volgeva il proprio interesse: nella ricerca dei valori plastici e nella successiva dinamicità spaziale, il pittore del Cinquecento seppe per certi versi anticipare ciò che l’avanguardia riconobbe più tardi.
È alla pittura che Vedova dedica tutto se stesso e, in maniera auratica, citando Benjamin, l’allestimento non può che renderne evidenza. Accordando alla mostra frammenti di frasi, “stralci” dei quaderni e fogli di lavoro dell’artista, emerge la passione dilaniata dalle coppie di opposti che Vedova getta sulla tela: bianco e nero, limite e non limite, vuoti e pieni, campitura piatta e materia pittorica. Tra piccoli e grandi formati, le opere selezionate, pur rispettose del criterio anagrafico preordinato, sembrano attenersi a un’ulteriore analogia nelle forme della “presentazione” (per Vedova gli artisti creano cose più che segni, espressione prima ancora della rappresentazione).
I quadri appesi alle pareti della galleria, spesso incorniciati, assumono l’aura -ancora Benjamin- come carattere in sé e per sé di dipinti, nel senso più classico e composto che evoca il termine. Speculare su rapporti di posizione permette un orientamento parziale tra le opere che pure si richiamano a vicenda, frontalmente, da parete a parete; ma nei fatti l’espressionismo e l’astrattismo di Vedova, assumendone i confini fluidi come questi vorrebbe, rimane coerente nel tempo, lasciando solo emergere negli anni un maggiore spazio alla pura superficie del supporto e un tratto che si fa progressivamente più grafico, incline allo specifico alfabetico della sua Scrittura in Negativo che, nel frattempo, lasciava la tela e si espandeva su pitture-installazioni (sono gli anni dei Dischi).
Lo Studio Campaiola congela i tempi, e congela uno specifico aspetto dell’arte eteroclita di Vedova: la pittura su tela (cartonato o faesite), bidimensionalità, incorniciata ad altezza del campo visivo di chi attraversa lo spazio. Non ci sono sorprese. L’allestimento chiede fruitori competenti, consumatori interessati e non passanti distratti.
Un’introduzione antropologica all’uomo Vedova è quella che inaugura il catalogo della mostra: attraverso i contributi di Costanzo Costantini e Duccio Trombadori, si acconsente a una lettura delle opere dell’artista veneziano “erede di Jacopo Tintoretto” (Costantini) che trapassa la superficie pittorica e apre a una dimensione emotiva della pura visione.
Vedova era ribelle alle tassonomie. Difficilmente le sue affiliazioni a gruppi, partiti o movimenti artistici resistevano a lungo; parimenti, a chi soleva azzardare efficaci paragoni con affermati artisti internazionali si affrettava a rispondere modulando le proprie tecniche, variando i supporti -dal compensato alla tela, al cartone, alla faesite, a materiali in acciaio e bronzo- decostruendo la superficie bidimensionale e travalicando nella terza dimensione pittorica: le sue installazioni erano estensioni nel tempo prima ancora che nello spazio.
Era prevalentemente al Tintoretto che Vedova volgeva il proprio interesse: nella ricerca dei valori plastici e nella successiva dinamicità spaziale, il pittore del Cinquecento seppe per certi versi anticipare ciò che l’avanguardia riconobbe più tardi.
È alla pittura che Vedova dedica tutto se stesso e, in maniera auratica, citando Benjamin, l’allestimento non può che renderne evidenza. Accordando alla mostra frammenti di frasi, “stralci” dei quaderni e fogli di lavoro dell’artista, emerge la passione dilaniata dalle coppie di opposti che Vedova getta sulla tela: bianco e nero, limite e non limite, vuoti e pieni, campitura piatta e materia pittorica. Tra piccoli e grandi formati, le opere selezionate, pur rispettose del criterio anagrafico preordinato, sembrano attenersi a un’ulteriore analogia nelle forme della “presentazione” (per Vedova gli artisti creano cose più che segni, espressione prima ancora della rappresentazione).
I quadri appesi alle pareti della galleria, spesso incorniciati, assumono l’aura -ancora Benjamin- come carattere in sé e per sé di dipinti, nel senso più classico e composto che evoca il termine. Speculare su rapporti di posizione permette un orientamento parziale tra le opere che pure si richiamano a vicenda, frontalmente, da parete a parete; ma nei fatti l’espressionismo e l’astrattismo di Vedova, assumendone i confini fluidi come questi vorrebbe, rimane coerente nel tempo, lasciando solo emergere negli anni un maggiore spazio alla pura superficie del supporto e un tratto che si fa progressivamente più grafico, incline allo specifico alfabetico della sua Scrittura in Negativo che, nel frattempo, lasciava la tela e si espandeva su pitture-installazioni (sono gli anni dei Dischi).
Lo Studio Campaiola congela i tempi, e congela uno specifico aspetto dell’arte eteroclita di Vedova: la pittura su tela (cartonato o faesite), bidimensionalità, incorniciata ad altezza del campo visivo di chi attraversa lo spazio. Non ci sono sorprese. L’allestimento chiede fruitori competenti, consumatori interessati e non passanti distratti.
articoli correlati
Vedova alla Gnam di Roma
chiara li volti
mostra visitata il 22 maggio 2008
dal 15 maggio al 21 giugno 2008
Emilio Vedova – Opere 1960-1980
Studio d’Arte Campaiola
Via Margutta, 29 – 00187 Roma
Orario: lunedì ore 16-19.30; da martedì a sabato ore 10-13 e 16-19.30
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 0685304622; fax +39 0685304606; info@campaiola.it; www.campaiola.it
[exibart]