Trentadue acquarelli e un dipinto dal titolo per niente casuale (Pantheon): questi gli ingredienti dell’ultima mostra romana dell’artista italiano in fuga. Da Napoli verso Roma prima, da Roma verso Madras poi e dall’India a New York infine, dove vive più o meno stabilmente.
Europa India America: spostamenti personali, latitudini e longitudini che finiscono mescolati al colore, impastati a trasfigurazioni che hanno bisogno di un tempo di posa anche per la lettura.
L’ impatto è zen, ma prima è necessario fare un po’ di meditazione: si definiscono autoritratti, ma è un’assegnazione categorica che rincorre l’artista (che realizza autoritratti dai primi anni Settanta) senza corrispondere a canoni previsti e prevedibili. Negli acquarelli esposti a Roma infatti, non ci sono tracce di profili ben delineati, né di quei facili astrattismi che ormai, grazie all’imponenza dell’immagine pubblicitaria e televisiva, sono più identificabili dei soggetti reali. La rappresentazione di sé passa per simboli e, in assenza di narrazione, sposta l’attenzione in zone ogni volta diverse, a seconda delle forme -zoomorfe o meno- che assume l’esperienza interiore.
Sono disegni del 2005, eseguiti in serie, com’è consuetudine dell’artista, che usa circoscrivere fasi e tappe della sua ricerca in maniera ben definita, segnando i punti da cui ripartire. Ma la dimensione introspettiva non è l’unica della mostra. Le stesse percezioni personali sono traslate in una visione globale quasi invadente, distesa in 230 x 685 centimetri di tela (Pantheon, 2006).
Una partita di calcio mondiale fa da scenografia a figuranti biancocelesti e giallorossi che si passano la palla (che è la riconoscibilissima nuca dello stesso artista), sovrastati da celebri attori non protagonisti: Gesù, Krishna, Bbuddha, Vishnu e la Vergine Maria. Una tensione verso l’alto, ma anche verso il basso: una distinzione netta tra il cielo e la terra squarcia la tela.
C’erano una volta la Coca Cola, la zuppa Campbell e lo star system di Hollywood, ora invece ci sono i calciatori e i Mondiali di calcio, visibili alla stessa ora in ogni parte del mondo. Una rilettura pop della realtà fenomenica, in cui c’è spazio anche per la religione, che coi suoi colori chiari e l’aura dell’ illuminazione, con la sua carica trascendentale che Clemente non smette mai di rappresentare, spazza via trasversalmente e definitivamente ogni possibile rischio di frammentazione.
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Pubblicare la foto di quel quadro.... che cosa penosa!!!!
Povero Clemente... è scoppiato!!!
Dove sono i quadri di qualche anno fa?
Dov'è finita tutta quaella potenza ed audacia??
Troppi soldi?
... è pur sempre un quadro di culto, insomma un rendezvous artistico del suo modo di fare arte...
Alla luce della vittoria della nazionale italiana di calcio, con tutti i fenomeni che ha scatenato, quest'opera sembra racchiudere tutto il significato rintracciabile nelle manifestazioni "da piazza" e "da strada". Il legame tra sacro e profano, in altri tempi ambiti incomunicabili, sembra essersi dissolto del tutto nell'attuale società. La voglia di collegare il terrestre al divino non trova più sbocchi soddisfacenti e si serve dell'evento calcistico per scatenare un'idolatria che a ben guardare può essere uno slancio disperato verso qualcosa d'altro.
Complimenti all'autrice del testo
Ma Mariangela... cosa ti sei fumata???
Me ne mandi un po?? Se fa questo effetto... cecità, lirismo patetico e visioni immaginifiche la voglio sicuramente provare!!
Magari riuscirò anche io a vcedere tutto questo in quel brutto quadro...
che costerà (non dimenticarlo) come minimo un bel 300.000 dollari!
Pensiamoci su....
E soprattutto aspetto notizie della roba che ti fai!