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È un ruggito da leone in gabbia l’urlo di Francesco Irnem alla galleria di Anna Marra. Un grido inferocito contro l’accumularsi disumano di cemento e macerie urbane dove anche le nuvole hanno perso il loro posto, stando capovolte a testa in giù sotto mucchi di mattoni. (foto 1) La mostra a cura di Raffaele Gavarro (prorogata fino al 15 novembre) espone il lavoro di questo giovane artista (nato nel 1981) che però ha già all’attivo diverse personali e collettive (Brusselles, Palazzo Collicola, Esposizioni, National Portrait Gallery).
Vivendo a metà, tra Roma e New York, e perciò tra due megalopoli e il loro carico di storia l’una, di grattacieli l’altra, Irnem incarna il disagio di abitare la città dove forse più che altrove a mancare è il rispetto della natura, responsabile in parte della devastazione in corso dell’ambiente. Il suo sforzo poetico, teso a sensibilizzare su questa tema, è meglio enfatizzato nell’ultima sala e perciò in un percorso a ritroso, nell’en dehors di Anna Marra, filtra appena l’aria e la luce per le nove piante. Ingabbiate e tutte perfettamente simmetriche, oltre a essere esposte fuori (le kenzie mal digeriscono l’esterno) sono pure accerchiate da una struttura di acciaio che le blocca e le comprime in uno spazio circoscritto e “sbagliato” ma che almeno è previsto. Tra la prima e la seconda sala invece, messa all’angolo di uno spazio intermedio, si scorge a pena un’altra opera. Ma è disarmante notare come sia una colata di cemento e non il legno, la natura di questa “tela”.
Quasi a ricordarci un lontano legame con la pittura, oltre a due residui di vita umana (un dépliant capovolto e una foto) il quadro presenta un tocco di colore verde, schizzato quasi per sbaglio ed emarginato in un punto della tela, non centrale, tant’è che viene proprio da chiedersi, dove sia finita la natura e la pittura. E il colore, la luce? Quello che vediamo è solo un anti-paesaggio che così non può non indurci a pensare che natura e colore, luce e pittura non esistono più neppure nel nostro sguardo. L’artista quindi non indaga solo le necessità dell’uomo di adattarsi all’ambiente, ma anche il contrario, le modalità che assume la natura nell’adattarsi all’uomo; in un perverso scambio reciproco in cui vittima e carnefice si tolgono a vicenda spazio e visione. Nella sala d’ingresso, quattro quadri, i “Delimited Beam”, sono foto volutamente sfuocate che intrappolano a mala pena una sfumatura di colore dal viola, al blu, all’indaco, dal rosa, giallo, all’arancio. Immagini colte in un attimo, sottratte all’imbuto di cielo che si faceva in mezzo all’invasione di palazzi e cartelloni pubblicitari; sono impressioni prese al volo mentre si inciampa sulle grate fatte di zinco e ferro, per essere poi (in studio) messe su tela con una tecnica tutta particolare che vede coinvolta insieme alla pietra calcarea materiali di vario genere sempre provenienti dal mondo della natura. Una natura benigna e materna quindi, che pur di mantenere la sua promessa di felicità, continua ad alimentare e nutrire malgrado sia calpestata e oltraggiata dai figli che lei stessa ha generato. Allora forse noi, quella promessa l’abbiamo senz’altro stata tradita.
Anna de Fazio Siciliano
mostra visitata il 15 ottobre
Francesco Irnem- questa è solo una promessa di felicità
Galleria Anna Marra Contemporanea
Via sant’ Angelo in pescheria, 32
Info: www.annamarracontemporanea.com