Appena oltre gli archi di un acquedotto romano, embedded nel tessuto urbano, la street art. Dopo aver lasciato il suo segno vitale su via Nuoro, s’impossessa della Dorothy Circus Gallery. Nello spazio interno, frenetici si confrontano codici diversi, segni di colore e linguaggi interni al gruppo. Gli strumenti sono tutti quelli possibili per dare anima e colore al rigurgito urbano partorito dalle betoniere: graffiti, stencil, poster, installazioni. I nipotini di
Basquiat e
Keith Haring invadono le gallerie, stabiliscono nuove relazioni, si prestano all’industria della comunicazione e del marketing, favoriscono la nostra endofasia. Sempre rigorosamente trasversali alle culture.
I colori forti di una pubblicità aggressiva e da fumetto è ciò che lascia il segno di
TvBoy, reduce dagli interventi in terra catalana, nella composta Barcellona. Dalle lattine urla un fumetto cattivo,
Super Pop Soup, il colore spesso fuoriesce dal perimetro stabilito, invade la parete. Si esalta il punto esclamativo, segno d’interpunzione dello stupore e dell’enfasi che arriva dritto dal lessico delle chat e degli sms. Dalla banlieue parigina spunta allegro
SupaKitch coi suoi
SupAnimal, curati e definiti, intrisi di manga e cartoon giapponesi. Alla Dorothy Circus, le croci sono i suoi morfi ricorrenti:
SupaDeath e
SupaChrist.
Sono folletti tecnologici, invece,
That’s Amore e
Art Living Vandal Living, che ammiccano beffardi dalle pareti per
Mr.Wang + Ale, sprizzando segnali complici. Territori ed essenze orientali emanano i
Kakemono, stampati su tela che scendono dal soffitto, a firma di
Koralie: un puzzle composito di ornamenti amplificati.
Ma la street art reinterpreta anche i segni tradizionali.
Sten + Lex + Lucamaleonte trasformano in tessere le incisioni dantesche di
Gustave Doré, ne mantengono il rigoroso pigmento in bianco e nero, il punto d’osservazione è il taglio di una ripresa cinematografica che può schiacciare le figure di
Dante&Virgilio, porta in primo piano i dettagli
Piedi, li sfiora dall’alto.
E nella project room, rosso liquido che domina, è un’affiche di
Henri de Toulouse-Lautrec a fornire lo spunto per chiedere a undici writer romani di effettuare un’incursione fra gli stimoli offerti da questo anticipatore della poster art. Così viene presentata l’attività del
G.A.R. – Gruppo Autoproduzioni Romane, costituitosi a fine 2007.
Crazy Diamond si replica su supporti differenti e sfida il colore;
KIV invece trasforma in acrobate le sue lap dancer, moderne traslitterazioni delle donnine parigine.
E per chi volesse assistere a una live performance degli artisti, l’appuntamento è per il 17 febbraio alle 19. Dove? Sulle mura del vicinissimo Circolo degli Artisti.