Il maggior esponente del razionalismo italiano, scomparso nel 1973, è in mostra all’Archivio Centrale dello Stato, per celebrarne -con qualche ritardo- il centenario della nascita. Come il titolo della rassegna suggerisce,
Moretti visto da Moretti, a presentarci le opere è lo stesso
Luigi Moretti (Roma, 1907 – Capraia Isola, 1973). Recuperando, infatti, le indicazioni per la sua personale a Madrid del 1971, arricchite con disegni e fotografie depositate nel 2000 presso l’Archivio, il maestro si “scopre”, attraverso ventuno opere, in maniera integrale al pubblico, con le riflessioni sedimentate in appunti, materiali di studio, modelli, lettere, ritagli di giornale e fotografie.
Attraverso questo personale
merzbau è possibile ricostruire la corposa personalità dell’architetto, che è soprattutto un uomo. Il modo in cui ciascuno raccoglie, analizza, conserva e cataloga il proprio materiale quotidiano -la propria storia- diviene lo specchio del suo modo di lavorare, di vivere le relazioni,
ma soprattutto di preservare e riutilizzare la propria memoria.
Partendo dalle opere giovanili, Moretti descrive la storia, il clima, le sensazioni degli edifici che dovevano essere espressione e simbolo dell’utopia fascista. È infatti l’autore del progetto per la
Casa della Scherma e per il
Piazzale dell’Impero al Foro Italico, la
Piazza Imperiale e il
Grande teatro per l’Esposizione Universale programmata per il 1942 a Roma e mai realizzata a causa della guerra. Ma, di nuovo attivo negli anni della grande ricostruzione, sperimenta sul tema dell’abitare progettando la
Casa albergo in via Corridoni a Milano, la
Casa della Cooperativa Astrea a Roma e la più volte studiata, anche dalla critica americana,
Casa Il Girasole nel quartiere Parioli. È ancora nel 1958 al
Villaggio Olimpico, insieme a
Libera,
Monaco e
Luccichenti, al quartiere Incis in zona Decima. È l’autore della Roma più bella in molti altri progetti. E poi a Washington, con il complesso
Watergate.
L’Archivio di Moretti, nella ricchezza dei suoi materiali, consente di affrontare studi approfonditi sulla sua opera e permette di cogliere i suoi molteplici interessi: dall’architettura alle arti figurative, dal cinema agli studi di architettura parametrica, dall’urbanistica al restauro. I quarant’anni di vita professionale sono testimonianza del personale e a volte complesso processo di gestazione del progetto. L’attaccamento, l’amore per l’evoluzione della prima idea, con continue correzioni e riformulazioni, fino al progetto esecutivo, dimostrano l’importanza del processo di ricerca e di costruzione di un nuovo linguaggio architettonico.
A cento anni dalla nascita del maestro che seppe tradurre le tracce che la storia architettonica -quella barocca romana e quella spontanea mediterranea- tramandava, con le innovazioni della tecnica e del linguaggio dell’architettura europea a lui contemporanea, l’interrogativo assolutamente mai retorico è: cos’è l’architettura per Luigi Moretti? Nel testo di apertura del catalogo è riportato il discorso tenuto dallo stesso Moretti presso l’Accademia di San Luca nel 1964. Ripercorrendo la storia a lui cara, il testamento che ci viene consegnato parla del processo di espiazione tutto umano di domare l’incertezza
ex fabbrica et ratiocinatione.
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ed infatti nel senso del razionalismo Moretti può non esserne il principale esponente, ammesso oltretutto che sia interessante ricorrere a graduatorie quanto criticarle. proprio il metodico zevi - di cui è interessante la contrastata corrispondenza con moretti - fu uno dei fautori della esclusione accademica che colpì per motivi storicamente ovvii moretti nel dopoguerra. esclusione per altro ricercata o accettata da moretti stesso. non si può infatti attendere alla realizzazione di oltre 200 progetti, inseguire e concretizzare interessi davvero poliedrici ed avere contemporaneamente a che fare con l'università. anche fosse quella degli anni 50. cosa ha allora di "maggiore" luigi moretti. perchè la sensibilità critica di alcuni può fare del moretti degli anni 50 uno dei maggiori architetti italiani di ogni tempo? solo per avviare una risposta io mi rivolgerei alla parte finale della buone recensione di sante: "seppe tradurre le tracce che la storia architettonica - quella barocca romana e quella spontanea mediterranea - tramandava, con le innovazioni della tecnica e del linguaggio dell’architettura europea a lui contemporanea..." questa sintesi ovviamente non appartenne ai suoi primi - e pure incredibili - progetti come "architetto del principe", ma è tutta delle sue case sognanti di santa marinella, del complesso di fiuggi e soprattutto di quel non realizzato troppo spesso considerato solo come irrealizzabile progetto per la chiesa del Concilio, Sancta Maria Mater Ecclesiae.
Non sono d'accordo con questa definizione: "...al maggior esponente del razionalismo italiano, Luigi Moretti". Direi: uno dei maggiori esponenti con Terragni, Libera, Pagano, Michelucci, ecc.
Del resto Bruno Zevi indicava come il capolavoro del razionalismo la Casa del Fascio di Como di Terragni che poi ha progettato per Roma lo straordinario Palazzo del Littorio (non realizzato) e il Danteum (anch'esso non realizzato ma unico nell'essere stato apprezzato da Le Corbusier).
Con la morte di Luigi Moretti l'architettura moderna italiana ha perso, insieme a Terragni, uno dei pochissimi interpreti in grado di stabilire una continuità con la grande tradizione italiana. Il momento attuale, che vede le archistar imperversare nel nostro Paese, conferma lo stato in cui versa la cultura italiana: una pagina bianca sulla quale si può scrivere qualsiasi strafalcione. Al massimo una cultura dell'immagine, quella che serve per mercificare qualsiasi prodotto da reclamizzare. I sindaci italiani ne sanno qualcosa...
caro Roberto il tuo commento dovrebbe essere preliminare a qualsiasi intervento delle a-stars nel nostro paese.