Sono molti gli approcci possibili di fronte all’opera di
Silvia Serenari (Piombino, 1974; vive a Roma). Perché molte sono le chiavi di lettura offerte. Si può percepire un puro godimento estetico, cercare nei particolari la matrice della ripetizione, assistere al
gioco delle mutazioni di forme e colori. Oppure si può provare a ricercare e interpretare le infinite simbologie nascoste. Una sottile caccia al tesoro, un
iter perfectionis.
La ricerca dell’artista parte da uno scatto fotografico. In questa serie (14 fotoceramiche più un video) l’obiettivo si ferma sulla cattedrale di Firenze, Santa Maria del Fiore. Ne nasce un’elaborazione digitale che si traduce in una nuova visione, riprodotta geometricamente, fino a generare una sorta di decorazione. Sono le varianti di
Anima Urbis, nei lavori del 2005-2007. Le nuove forme appaiono ora in veste di croce, ora di losanga polilobata. Oppure entrambe. Da lontano decorazioni, da vicino immagini al caleidoscopio di infinite ripetizioni, dall’insieme al particolare. Ma questo è solo l’inizio dell’iter, il riconoscimento iconografico. La simbologia legata a queste forme ha una storia lunghissima: a partire dal giglio -simbolo della città- seguendo via via tutti i simboli a esso correlati.
L’excursus parte da un luogo di culto perché il cammino che da qui si dipana è un cammino di perfezione, di ricerca del Divino. Per l’artista, la forma che ne scaturisce in foggia di croce rappresenta l’universo femminile, mentre quella caratterizzata da punte che ne conferiscono l’immagine della losanga polilobata rappresenta l’universo maschile. Quando queste due forme s’incontrano, c’è una fusione, una congiunzione delle sfere.
Proprio la contaminazione è uno degli ingredienti principali della sua opera. Forme e simboli qui presenti appartengono sia alla cultura occidentale che a quella orientale. Queste opere hanno il sapore dei manufatti in terracotta invetriata che proprio in questa città affondano la loro tradizione, con specialisti come i
Della Robbia. Possiedono le sagome delle formelle che proprio sulle porte del Battistero hanno cambiato la storia dell’arte a partire dal 1401. Allo stesso tempo ricordano le maioliche orientali, caratteristiche di una modalità decorativa agli antipodi rispetto alla nostra.
Dall’
Anima Urbis il cammino porta alla serie delle opere in bianco e nero
Iter perfectionis (2007). Qui, con un movimento di rotazione delle forme elaborate precedentemente, si arriva all’apice della ricerca. Ruotare è sbocciare. Lo sviluppo della manifestazione del Divino si compie. L’opera appare come una ruota, la ruota cosmica. Un insieme di creato e creatore, cerchio esterno e punto centrale. Questo cammino verso la manifestazione si traduce anche in un video. Nulla è affidato al caso: la musica è quella dei sufi, danzata dai dervisci in una ruota continua. L’ultimo fotogramma è l’ennesima variante: l’occhio, la divina onnipresenza.