Assottigliamento o corposità massiccia di una materia che, da vuota, diviene piena e viceversa. E questa volta non si tratta di occupare una vetrina, quella vetrina di Romberg che mostrava un unico lavoro di un primo artista per poi entrare nelle circostanze figurative di un secondo.
Graziano Pompili (Fiume, 1943) torna a Roma, e questa volta la sua
Camera con Vista – esposizione del 2006, all’epoca coinquilina della pittura di
Massimo Rossetti – non si racchiude all’osservazione dietro una teca di vetro, ma si evolve, cresce e si fa strada sulla piazza, per proiettarsi verso l’alto e accogliere come una vigile sentinella i fruitori incuriositi.
La
Domotica in legno dorato, terracotta e ferro è alta circa sei metri; da un anno presso il Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna, ha viaggiato per sbandierare lo stendardo di una palafitta laccata in oro, sorretta da vasi in terracotta che ricordano l’ultimo studio progettuale di
Bruno Ceccobelli.
Una palafitta esile e spoglia raggiunge l’apice di questa “scultura” ambientale e preannuncia la ricerca stilistica propria di Pompili: lo spazio come luogo in cui plasmare ceramica, marmo, basalto e terracotta, studiando insieme il peso plastico del loro esibizionismo.
La mostra alterna dunque lavori massicci dalle forme inconsuete, ricavate dalla pesantezza di marmi bianchi di Paros o granito nero, che punteggiano il percorso espositivo come meteoriti volontariamente scolpiti. Alle pareti, lamiere in metallo contengono in serie schizzi di smalti neri su bianchi, costellando di polvere granitica una tela “contemporaneizzata” dalla freddezza figurativa del metallo a cui appartiene.
Al piano inferiore, un legno laccato in oro si compone in una palafitta sottile, della stessa esile ma vigorosa robustezza dell’esterna
Domotica:
Ort occupa tutta la sala, senza innalzarsi verso l’alto, ma rimanendo costretta sotto il tetto della galleria. Una struttura entro la quale è possibile camminare, con cui è possibile interferire. Ma, scriveva
Picasso, “
se ci si occupa dell’oggetto, come forma positiva, lo spazio che circonda questo oggetto si riduce a quasi niente. Se ci si occupa principalmente dello spazio che circonda l’oggetto, l’oggetto si riduce quasi a niente. Che cosa ha maggior interesse per noi, quello che è fuori o quello che è detto la forma?”.
Lo spazio diventa con Pompili forma d’indagine. Non è solo l’oggetto della “scultura” che si pone dinanzi all’osservatore, ma lo spazio che circonda l’oggetto stesso. E, una volta sfruttato il suo “perimetro” illimitato, si può capire, percepire, conoscere se valeva davvero la pena sfruttarlo.