La poetica sensibile e introspettiva di
Rebecca Horn (Michelstadt, 1944; vive a New York e Berlino) assume lâoggetto come viatico di nuova esperienza e rinnovata percezione: frapponendolo tra sĂŠ e lo spazio circostante, lâinstallazione-oggetto funziona da protesi e autorizza un nuovo modo di percepire lâambiente quotidiano. Di lei si ricordano i âguanti-ditaâ, i copricapo appuntiti, le strisce di tessuto che enfatizzano o bloccano il movimento del corpo. Consapevoli prolungamenti del sĂŠ, alla ricerca di rinnovati modi di esperire il mondo.
Seppure incasellata nel genere della body art, laddove negli anni â70 il corpo assumeva una centralitĂ nella rappresentazione violenta di unâepoca e di uno spirito sociale, Horn ha saputo mantenere intatta questa vena riflessiva, fintanto biografica, aggiornando le sue operazioni artistiche alle tendenze piĂš recenti. La presenza fisica ha lasciato cosĂŹ il passo al solo oggetto, spesso interagente nel complesso di unâinstallazione animata da motori meccanici, o vasi, specchi, vetri, strumenti e materiali di creazione artistica.
Una pratica intimista che si riflette nel piccolo numero di opere in mostra allo Studio Trisorio. A testimonianza dellâeterogeneitĂ delle pratiche dellâartista e regista tedesca, lâinstallazione protagonista dellâesposizione si contorna di ulteriori contributi che oscillano tra il pittorico, lo scultoreo e la stessa installazione. Alla centralitĂ visiva della macchina da scrivere
Continental corrisponde il rumore improvviso della battitura automatica sui tasti, un movimento nervoso che scandisce con ritmi differenti gli intervalli fra lâuna e lâaltra lettera.
Pause che ricordano lâinesperto alle prime armi con la macchina, o la limitazione coscienziosa dellâesperto tecnologico con la manualitĂ scarna di uno strumento in obsolescenza. Il prolungamento metallico dei tasti lega alle sue estremitĂ le lettere battute:
Amore. Rosse ed evidenti, mantengono lâeco del movimento della digitazione.
Ai lati dellâunica sala ci sono le opere contornanti, in cui ritornano i temi del prolungamento e dellâestensione: un pennello, messo in una teca di vetro, fuoriesce da essa con un analogo filo metallico incappucciato da una materia fluida, solidificata, rossa, che riprende lâuso cromatico della sabbia interna alla scatola. Scelta analoga nellâinstallazione vicina, al cui pennello sostituisce un uovo in equilibrio sulla cornice.
Lâofferta espositiva continua con i piccoli quadri sul lato opposto, simil-acquarelli che evocano la leggerezza eterea delle forme del volo, delle sfumature dellâacqua, di ricordi evanescenti dâinfanzia che Horn non ha mai smesso di trattare. Il doppio gioca un suo ruolo nellâuso delle ombre e luci delle lettere proiettate sulla parete, come negli specchi interni alle due teche.
Studio Trisorio mantiene indubbiamente vive le coordinate della vita artistica dellâartista, pur tralasciando una certa coerenza interna. Concentrandosi sulla macchina, rende insapore il suo contorno.