Se “le cose non sono mai come appaiono ma soprattutto come vengono interpretate” sarà il fruitore delle opere di Jessica Iapino (Roma, 1979) a dover decodificare nel suo linguaggio interno il lavoro, essenzialmente concettuale, di questa artista. Ironica e provocante, pungente e attraente, Japino si muove tra installazioni, video e stampe digitali, pur considerandone sempre la forma scultorea sottintesa.
Dopo gli irriverenti Lodz Kaliska, e in parallelo alla prima personale in Italia dell’artista brasiliana Lia Chaia, il Museo Laboratorio prosegue i suoi esperimenti presentando il recente lavoro dell’artista romana intitolato Eden, una video installazione che non lascia spazio all’indifferenza. Un lavoro fatto per provocare, composto da una proiezione video, quattro sculture e fotografie digitali, vincitore del Premio Grand Festival Award – Arts al Berkeley Film and Video Festival nel 2006 (California, USA).
Nel video omonimo, anima della mostra, non ci sono dialoghi, soltanto risate infantili che si mescolano con una melodia inquietante, ammiccando al perverso mondo della pedofilia. L’innocenza dell’adolescenza si interfaccia con bambole gonfiabili –che ricordano i lavori dei fratelli Chapman-, esseri inerti senza materia e senza pensiero che si alternano con cinture di castità, atavici metodi di repressione sessuale. Attraverso due opposti così radicali l’artista riassume le contraddizioni della società e mostra un giardino terrestre che non è più il paradiso. Stimolando a riflettere, come già fece con l’eroina di Hero, sull’uso/abuso del sesso, dichiarando che sia per la castità forzata sia per la sessualità imposta “It’s never been and never will be about love”.
Le stesse cinture che appaiono nel video sono ulteriormente elevate a categoria scultorea, racchiuse in cilindri di plexiglas nell’installazione Thou shalt not desire, con un’evidente riferimento biblico, originando un’ambigua polemica tra mistico e blasfemo. L’allure materica, cui ogni suo lavoro tende, si esprime colorando le cinture di castità con il colore della pelle umana (rosa e cioccolato come le bambole gonfiabili), evocando il concetto di persone senza densità nelle quali domina la precoce perdita di una maturità mai raggiunta.
Nel centro della sala, fratturando ogni possibilità di percorso razionale, troviamo un intervento site-specific: l’esposizione di cinque opere fotografiche stampate su acetato dal titolo In the name of, un altro riferimento biblico, in cui le bambole, illuminate da una lampada sottilmente suggerente, si contorcono lascivamente. Disposte su una struttura di ferro che può sembrare sia una croce che un giochino infantile, attivano un doppio senso attraverso il quale, come in tutta l’opera della Iapino, sarà ciascuno di noi a dover intuire il significato.
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dai su non infierite, che gusto c'e'?
...come in tutta l’opera della Iapino, sarà ciascuno di noi a dover intuire il significato....!?
mi immagino la pioggia di critiche alla direzione del mlac... purtroppo ancora oggi chi porta un cognome noto viene aggevolato in maniera cosí sfacciata... se il lavoro fosse anche minimamente interessante... ma purtroppo é solo un'accozzaglia di citazioni senza ne capo ne coda con una buona produzione alle spalle (cosa che con i soldi é facile).
-5 al mlac
-5 a exibart (che casualmente non perde una sua mostra trascurando molte altre cose magari piú interessanti)
-10 a questo tipo di mentalitá assolutamente tutta italiana, che porterá molto presto i risultati che possiamo tutti noi immaginare
AGGEVOLATO CON DUE G??? PRIMA DI COMMENTAR MOSTRE D'ARTE COMPRATI UN ABECEDARIO!!!!!!!!!!!!!
Cara redazione di Exibart,
Trovo pochezza ovunque
pochezza e miserrima viltà nel VS.sito
commenti anonimi contro curatori ed artisti da parte di persone
che non voglion render nota la propria identità per paura di ritorsioni...mah...
gente che non si rende responsabile delle proprie azioni
Gente che sputa sul sistema artistico italiano
e vorrebbe tanto farne parte.
Una comunità di persone che non visita le mostre e ne parla comunque male.
Sputa sentenze sulla vita privata dei pochissimi e sottolineo pochissimi artisti presenti su exibart in grado di proporre qualcosa di interessante.
Cari ragazzi frequentatori di Exibart: E' mai possibile che invece di produrre arte siete solo capaci di inventar complotti, "mafiette" e spintarelle
Siete solo il frutto di un italietta facilona e provincialotta
crescete
crescete
crescete
caro roberto ce l'hai contro exibart o contro i commenti di gente che non va nemmeno a vedere le mostre e scrive delle cazzate qua?
CARO NOIOSI,
E TU MI PARLI DI MAFIETTE QUANDO DIFENDI L'INDIFENDIBILE.
TU CHE PARLI SENZA CONOSCERE NIENTE (COSA MOLTO ITALIANA QUELLA DI PARLARE SENZA CONOSCERE ASSOLUTAMENTE NULLA).
TU CHE NON SAI (E CHE NON ARRIVI NEANCHE AD IMMAGINARE PER OVVIE RAGIONI), CHE MOLTI DI NOI VIVONO SOLO CON UNO ZAINO E UN PORTATILE IN GIRO PER IL MONDO, PROPRIO PERCHÉ ALL'ESTERO VALUTANO LA GENTE PER LA QUALITÁ, E NON PER IL COGNOME CHE PORTA.
TU CHE MI CRITICHI PERCHÉ SBAGLIO A SCRIVERE IN ITALIANO DOPO CHE GRAZIE ALLA GENTE COME TE SONO COSTRETTO (MA IN REALTÁ FORSE É MEGLIO COSÍ, MENO MERDA) A LAVORARE ALL'ESTERO (COME TANTI DEL RESTO), GIÁ DA UNA DECINA D'ANNI, E CHE PER IMPARARE QUALCHE LINGUA PERDO LA MIA, E PARTE DELLA MIA IDENTITÁ.
TU CHE QUESTE COSE NON LE VIVI, PERCHÉ SEI ABITUATO A PRENDERE IL MARTINI ALLE 12 IN PUNTO A PIAZZA NAVONA CON I DIRIGENTI TELEVISIVI, E COCCOLARTI IL POLITICO DI TURNO PER AVERNE QUALCOSA IN CAMBIO (SE NON ALTRO HAI QUELLA MENTALITÁ).
TU CHE NON SAI CHE QUESTE ATTITUDINI PORTANO ALLA DISTRUZIONE E ALLA DECADENZA (GIÁ SIAMO A BUON PUNTO), E CHE ALLONTANANO SIA IL PUBBLICO CHE LE GIOVANI GENERAZIONI CHE SI SENTONO RESPINTE IN PARTENZA, NON DALLA QUALITÁ, MA DAL POTERE.
TU CHE EVIDENTEMENTE NON CONOSCI LO SGUARDO DEI 25/30'ENNI (PRINCIPALMENTE DEL SUD) CHE TI CHIEDONO COSA POSSONO FARE, DOVE POSSONO ANDARE.
DI CHE COSA VUOI PARLARE? COSA VUOI DIRE?