La Galleria Maria Grazia del Prete inaugura la stagione con la mini-personale di un artista che, instillando richiami al mondo vegetale, sviluppa temi universali. Quali? La crisi del sentire moderno e il richiamo alle nostre radici propriamente biologiche.
Antonio Catelani (Firenze, 1962; vive a Berlino) prende spunto proprio dalla de-costruzione e dalle zone di confine tra pittura e scultura e tra scultura e architettura per trovare una propria peculiare spazialità, senza tuttavia perdere il raccordo con le sue opere immediatamente precedenti (
Trapezio, 2000;
Talea, 2001;
Ipercromo, 2002).
In realtà, è a partire dagli anni ‘90 che l’artista toscano rivolge la sua attenzione non più alla ridefinizione dei processi normativi della scultura, ma alla pittura. Come a dire: muta la forma, ma non la sostanza. Il suo percorso passa attraverso una meta-pittura che tende a sopprimere la differenza tra materia e immagine (
Madreforma, 1997), quasi alla ricerca di uno slittamento di senso che ci faccia sprofondare nel colore puro.
I due nuovi cicli di opere, presentati in anteprima alla XV Quadriennale, trovano la loro collocazione ideale nel white cube della galleria. I tre diversi
Reziario evocano l’imperativo categorico del fare e del comunicare ciò che si fa, caratteristico dell’era telematica; mentre
Rizomi sviluppa con i dittici un concetto che sembra caratterizzare l’opera di Catelani fin dalle opere berlinesi di metà anni ’80, rifacendosi all’idea della proliferazione incontrollata, sia essa vegetale o umana.
Agli anni della formazione artistica di Catelani rimanda il titolo stesso della mostra,
Verbinden, che manifesta la volontà di perseguire un cammino in cui “
ogni ciclo di opere sembra generarsi dalla messa in crisi delle antecedenti”, come sostiene l’artista. Si pone in atto, quindi, un pensiero digressivo che, allo stesso tempo, rielabora e rigenera il modo di fare arte.
Ritornano dunque il reticolo e la griglia, ma non come porzione di spazio chiuso e delimitato, bensì come desiderio e necessità di annullare i concetti di vicino e lontano, e spingersi oltre il limite del piano. L’allineamento delle opere, puro e asettico, amplifica questa sensazione ricercata dall’artista, solo vagamente percepita se ci si limita a uno sguardo superficiale.
Non grande, non ricca, non chiacchierata è questa mostra di Catelani, ma capace di far riflettere sull’essenzialità e la profonda bellezza di due fili intrecciati a formare una rete o di una pennellata che suggerisce un aggregato primordiale. Una meta-pittura complessa, proprio perché continuamente si rinnova e incamera nuove energie.