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13
gennaio 2010
fino al 23.I.2010 Conceptinprogress Roma, Furini
roma
Combinazioni, congiunzioni, convinzioni. L’arte trasforma il linguaggio in un gioco solo per un determinato periodo di tempo, quello di un’esposizione. Il collettivo argentino si diverte a camuffare le parole e la vista...
Un bacio, lo schiocco: una progressione che diviene
musica, poi trasposizione geometrica dalla quale generare una serie di rimandi audio-visivi,
seguendo la struttura di una nuova formula pseudo-magica, quella dell’Abacaba. Non è abracadabra appunto, ma ci
va vicino, e Damián Turovezky ne ha curato la composizione musicale; il resto lo hanno
architettato i Conceptinprogress (Amparo Ferrari, Buenos Aires, 1977; Sebastian Zabronski,
Buenos Aires, 1974. Vivono a Venezia).
Collettivo argentino dalle sperimentazioni site specific,
ha creato per Furini un gioco concettuale di segni e significati che ruotano
attorno al senso ritmico dell’Abacaba e si disperdono in tre aree della galleria con un
disegno, una pioggia di baci in cartoline e l’installazione audio Rondò.
Primo fra tutti, “l’architettonico” foglio sul fondo della
parete si srotola alla vista come se fosse una mappa lessicale e, mentre lascia
che l’“intervenzione” insegua “le piccole facce dei kiss nella mappa”, “la percezione auditiva del ‘Rondò’
dà vita a un gioco a incastri d’allegorie che – sulla traccia dello scoccare
ritmico del bacio – assumono diverse formalizzazioni o formulazioni, ognuna
delle quali pretende di essere la migliore espressione dell’idea originale,
quella stessa riappropriazione di un linguaggio non quotidiano che non ha
bisogno di senso o obiettivo come non ne ha bisogno un’edera per continuare a
crescere”, scrive
Antonio Arévalo. Il quale dimostra come il senso di una parola familiare possa
vincolare la scelta visiva e immaginaria che si ha del suo significato, nella
costruzione del significato stesso.
È così che il duo ha manipolato l’icona sonora e visiva di
un bacio, ne ha estrapolato il rumore e l’appartenenza semantica, creando dalla
stessa un susseguirsi di rimandi, un “rondò” visivo che si perde nel suo schema
metrico e si lascia “violentare” dalla decisione artistica dell’esposizione:
opere e quadri toccano terra posando sul muro destro della galleria, danno le
spalle al visitatore, mostrandosi solamente su richiesta dello stesso.
A turno, in base alla scelta arbitraria nel momento della
visita, il fruitore potrà vederle singolarmente e creare a sua volta un
determinato percorso visivo rispetto a quello suggerito dagli “oggetti-segni”
che costituiscono l’esposizione. L’oggetto d’arte svanisce nonostante la
presenza fisica della sua presentazione: un camuffamento.
Il quadro scompare dietro la sua amplificazione
concettuale, segna lo scarto del rimando visivo di un de Chirico o di un Magritte venuti male che, accatastati l’uno
di fronte all’altro, sono lì perché parte di un gioco, di uno schiocco, dell’interpretazione
dell’Abacaba.
Che – per dirla con le parole del curatore – “appare come forma trascinante
d’edera che sale e si diffonde o come moltiplicazione matematica delle
ramificazioni di uno stesso albero. Perché le idee, partendo da un unico ceppo
originario, si connettono per concetto o forma in diversi rami e l’immagine
seguente si rappresenta come la rappresentazione di questi nuovi rapporti all’interno
di un processo in cui le biforcazioni si connettono in circoli concentrici”.
musica, poi trasposizione geometrica dalla quale generare una serie di rimandi audio-visivi,
seguendo la struttura di una nuova formula pseudo-magica, quella dell’Abacaba. Non è abracadabra appunto, ma ci
va vicino, e Damián Turovezky ne ha curato la composizione musicale; il resto lo hanno
architettato i Conceptinprogress (Amparo Ferrari, Buenos Aires, 1977; Sebastian Zabronski,
Buenos Aires, 1974. Vivono a Venezia).
Collettivo argentino dalle sperimentazioni site specific,
ha creato per Furini un gioco concettuale di segni e significati che ruotano
attorno al senso ritmico dell’Abacaba e si disperdono in tre aree della galleria con un
disegno, una pioggia di baci in cartoline e l’installazione audio Rondò.
Primo fra tutti, “l’architettonico” foglio sul fondo della
parete si srotola alla vista come se fosse una mappa lessicale e, mentre lascia
che l’“intervenzione” insegua “le piccole facce dei kiss nella mappa”, “la percezione auditiva del ‘Rondò’
dà vita a un gioco a incastri d’allegorie che – sulla traccia dello scoccare
ritmico del bacio – assumono diverse formalizzazioni o formulazioni, ognuna
delle quali pretende di essere la migliore espressione dell’idea originale,
quella stessa riappropriazione di un linguaggio non quotidiano che non ha
bisogno di senso o obiettivo come non ne ha bisogno un’edera per continuare a
crescere”, scrive
Antonio Arévalo. Il quale dimostra come il senso di una parola familiare possa
vincolare la scelta visiva e immaginaria che si ha del suo significato, nella
costruzione del significato stesso.
È così che il duo ha manipolato l’icona sonora e visiva di
un bacio, ne ha estrapolato il rumore e l’appartenenza semantica, creando dalla
stessa un susseguirsi di rimandi, un “rondò” visivo che si perde nel suo schema
metrico e si lascia “violentare” dalla decisione artistica dell’esposizione:
opere e quadri toccano terra posando sul muro destro della galleria, danno le
spalle al visitatore, mostrandosi solamente su richiesta dello stesso.
A turno, in base alla scelta arbitraria nel momento della
visita, il fruitore potrà vederle singolarmente e creare a sua volta un
determinato percorso visivo rispetto a quello suggerito dagli “oggetti-segni”
che costituiscono l’esposizione. L’oggetto d’arte svanisce nonostante la
presenza fisica della sua presentazione: un camuffamento.
Il quadro scompare dietro la sua amplificazione
concettuale, segna lo scarto del rimando visivo di un de Chirico o di un Magritte venuti male che, accatastati l’uno
di fronte all’altro, sono lì perché parte di un gioco, di uno schiocco, dell’interpretazione
dell’Abacaba.
Che – per dirla con le parole del curatore – “appare come forma trascinante
d’edera che sale e si diffonde o come moltiplicazione matematica delle
ramificazioni di uno stesso albero. Perché le idee, partendo da un unico ceppo
originario, si connettono per concetto o forma in diversi rami e l’immagine
seguente si rappresenta come la rappresentazione di questi nuovi rapporti all’interno
di un processo in cui le biforcazioni si connettono in circoli concentrici”.
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dal 25 novembre 2009 al 23 gennaio 2010
Conceptinprogress – Abacaba
a cura di Antonio Arévalo
Galleria
Furni Arte Contemporanea
Via Giulia, 8 – 00186 Roma
Orario: da mercoledì a venerdì ore 13-19; sabato ore 15-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0668307443; info@furiniartecontemporanea.it;
www.furiniartecontemporanea.it
[exibart]