Artista poliedrico, Sughi esordisce agli inizi degli anni Cinquanta in seno al crescente dibattito tra astrattisti e figurativi. Il suo operato apporta un contributo all’innovazione del panorama artistico e lo elegge uno dei massimi esponenti del “realismo esistenziale” (da una definizione di Enrico Crispolti del ‘56) che si caratterizza per l’attenzione dedicata ai temi dell’incomunicabilità, dell’estraneità, dell’alienazione, del disagio sociale, condito da una tavolozza scarna ai limiti della monocromia. Alberto Sughi (Cesena, 1928) è una figura rilevante nello scenario italiano ed europeo del dopoguerra, e si ispira alle più note correnti della Pop Art americana, del Concettualismo e del Minimalismo. Il suo è un work in progress di rilettura e ampliamento degli orizzonti comunicativi.
Parlare di quegli anni significa affrontare un periodo particolare della nostra storia, un momento di ricostruzione, di fermenti e di cambiamento costante. E in questo clima di fervore si sviluppano quelle note suggestioni artistiche debitrici delle correnti novecentesche, come l’Informale, la Metafisica, il Dadaismo e l’Espressionismo. Dall’ammirazione e dallo studio di queste tendenze, l’artista realizza la sua idea pittorica -sottilmente narrativa- collegando tra loro un quadro o una serie di quadri fino a costruire dei veri e propri cicli pittorici incentrati su una tematica comune con una portata autonoma e un’organicità propria. Racconti fatti di opere.
L’esposizione al Vittoriano presenta una buona selezione di bozzetti preparatori e carboncini, oltre a una variegata quanto ampia rassegna di opere pittoriche, quasi tutte di grandi dimensioni, che si caratterizzano come rappresentative di un ciclo oltre che di una tematica particolare.
A tal proposito non possiamo non citare capolavori come Cinema (1958), Pierrot (1962), La stanza di un uomo” (1968), Uomo seduto nel giardino (1972), Figure in piedi, La Cena (1976), La famiglia, l’amore (1981), Teatro d’Italia (1984) e L’addio alla casa rossa (1992). Tutte opere rappresentative di un certo gusto, oltre che di una tendenza descrittiva che si risolve in una serie di collegamenti di senso accuratamente corrisposti, in un discorso pittorico ininterrotto e dai molteplici risvolti. Nell’arco della sua produzione artistica Sughi non abbandona mai il figurativo, ma lo arricchisce, rendendolo ibrido di fermenti derivanti dalla sua ammirazione per l’arte astratta e la sua particolare espressività. Dai suoi quadri affiora una riflessione profonda sul tempo e sull’esistenza, colta nei diversi momenti, incasellata in fotogrammi al limite della complessità filosofica del vivere. Nonostante ciò egli resta soltanto l’autore dei suoi quadri. “Il discorso sui significati dell’opera è un argomento invece che stranamente, egli sfiora appena. La poetica attinge ad una riflessione che si è formata nel tempo, che dà un particolare carattere all’opera di un artista e che poi diventa un tutt’uno con la struttura formale della sua opera” (A. Sughi).
michele nero
mostra visitata il 20 luglio 2007
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