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L’arte in fondo è sempre una pratica della leggerezza”, sostiene
Satoshi Hirose (Tokyo, 1963; vive a Milano e Tokyo). Questa convinzione è una certezza che non l’ha mai abbandonato. Arte come sconfinamento in “
qualcosa di astratto, storico e generale”.
In quanto artista, e anche viaggiatore, sempre in transito tra due culture, quella originaria e quella d’adozione, Hirose è sensibile al concetto di mutazione, costante fluttuazione, sospensione temporale. Andate e ritorni tra dialettiche opposte, anelando a una spiritualità dinamica. Icona di queste divagazioni non può che essere l’angelo, fulcro – attraverso l’interpretazione di Walter Benjamin – di
Angelus Novus, la sua prima personale romana, in cui l’artista giapponese esplora tecniche e materiali diversi.
Le fotografie sono appunti di cieli colorati, sempre attraversati dalle nuvole. Mutazioni nelle mutazioni. Campionature di visioni catturate in volo, durante i lunghi passaggi aerei per raggiungere luoghi sempre diversi. Una “collezione” iniziata nel 1991, che a oggi conta oltre tremila cieli, sintetizzati nel volume
Viaggio.
Il dialogo prosegue con altre opere, un po’ sculture, un po’ pitture: un cubo di resina aggettante dalla parete, una pietra di Belfast adagiata sul pavimento, un grande quadro rettangolare che unisce cera e pigmento. Citazioni cosmologiche costruite intorno alla presenza di fagioli e manciate di legumi.
In
Untitled (Cosmologia dei legumi), i piccoli volumi leguminosi respirano, trovando una loro autonomia artistica all’interno delle stratificazioni di cera, medium straordinario, essenza stessa della transitorietà. In
Bean Cosmos, invece, il cubo trasparente rimanda la presenza di fagioli, lenticchie e via di seguito, associata a piccole pepite auree e palline ottenute accartocciando una mappa del mondo.
In
Pozzo del mondo torna, infine, il binomio oro/fagioli – la nobiltà e la povertà – assopito sulla levigatissima pietra ovale e ricoperto da uno strato d’acqua quasi impercettibile. Quest’opera si nutre anche delle variazioni atmosferiche: il movimento dell’aria disegna sempre nuove increspature sulla superficie liquida; inoltre, in base alla temperatura, lo strato d’acqua può solidificarsi o evaporare.
Torniamo alla tematica del fagiolo, portavoce del pensiero di Hirose. L’artista ne esalta l’aspetto ambiguo, che è anche la sua forza: dalla sessualità (in Giappone il fagiolo rappresenta sia il principio femminile che quello maschile) alla peculiarità di essere cibo povero ma altamente proteico; tradizioni e usanze che vanno oltre i confini geografici. “
Similmente a questo mio incontro con dei piccoli legumi, il mondo è pieno di meravigliose sorprese”, scrive Hirose. “
Tramite una deterritorializzazione nelle relazioni con un universo che ha creato un’ambigua contraddizione, è possibile acquisire un punto di vista totalmente originale”.