L’industria petrolifera fornisce propellente, nell’Italia della ricostruzione e del boom, anche all’arte contemporanea di quegli anni, confronta percorsi e ispirazioni differenti attraverso il meccanismo competitivo del Premio di Pittura, utilizza il linguaggio estetico per diffondere modalità innovative nella comunicazione d’impresa.
La Esso è in Italia dal 1891, poco dopo l’inizio dell’epopea petrolifera avviata da Edwin Drake e John D. Rockefeller. Ma è subito dopo la Seconda guerra mondiale che nasce Esso Rivista, lo house organ che presto diventerà un moderno strumento di comunicazione fra impresa e società, e il punto di contatto con un movimento artistico in fibrillazione. Attorno alla rivista si addensano gli artisti, e con loro una consistente raccolta di opere che declina quarant’anni di storia italiana.
Il petrolio e l’industria petrolifera è il tema del I Premio di Pittura del 1951. Nella sala iniziale di quest’industria rampante e vitale è fornita l’interpretazione liquida, oleosa del
Notturno di
Lorenzo Vespignani ma anche quella infantile e giocosa di
Franco Gentilini , con un
Reparto di distillazione in cui scorrazzano bici di ragazzi. Si aggiudicheranno il premio ex-aequo.
L’accesso all’ambiente centrale è dominato dalla torre in cui sono conservate le copie di Esso Rivista: dopo gli anni della propaganda, inizia l’era della comunicazione. L’impresa avverte la necessità di identificare proprie modalità di comunicazione verso i dipendenti e la società, scegliendo un preciso sistema di valori, anche estetico. Le copertine diventano il principale veicolo per aggregarvi attorno le esperienze di un sempre più numeroso nugolo di artisti italiani, e più avanti, internazionali.
Il tempo di fermarsi davanti a uno dei vincitori del III Premio -tema
Viaggio in Italia, premiato
Emilio Vedova– e il nasserismo, assieme ai rigurgiti coloniali anglo-francesi, bloccano assieme al Canale di Suez anche il Premio della Esso.
Con gli anni ’60, Esso Rivista volta pagina. Primo approdo: il filone cinetico-visuale. Ormai il dialogo tra linguaggio artistico e industria si fa stretto, s’intreccia grazie all’utilizzo dei materiali che la seconda mette a disposizione del primo. Ad esempio la resina multistrato che usa
Antonino Virduzzo nel suo sessantottino
Senza Titolo, oppure l’incresparsi mobile dell’
Alluminio Anodico di
Nane Zavagno. I contrasti, le convergenze e le interazioni cromatiche sono l’altro codice di dialogo fra arte e industria: ecco quindi i
Negativo Positivo di
Bruno Munari.
Come il suo mecenate nero, che è intrappolato dentro rocce porose nei sottosuoli, così riemerge dall’era del petrolio e delle sue industrie anche un lato emozionale, i colori d’Arabia, i profumi delle essenze che
Gustavo Foppiani sparge sui
Pozzi Petroliferi, la notte fantastica e fiabesca del
Gasometro sul Tevere di
Giovanni Stradone o, ancora, le bolle sospese che
Giulio Turcato evoca nella
Composizione con ingranaggi.
L’ultimo gruppo di opere, protetto in un angolo di soppalco forse troppo angusto, mette a fuoco il mistero del petrolio, la sua origine primordiale, l’incertissima dimensione quantitativa e la varietà delle sue segrete dimore:
Petrolio in fondo al mare di
Giuseppe Santomaso.