Susan Alexander: “
La gente penserà…“; Charles Kane: “
…solo quello che voglio io“. Questa sequenza del film
Quarto potere, il primo lungometraggio diretto da
Orson Welles e divenuto una pietra miliare nella storia del cinema, sintetizza la principale chiave di lettura della mostra di
Paul Ferman (Hamburg, 1948; vive a Sidney).
Nell’ambito del diritto e della separazione dei poteri, con quarto potere si indica la capacità dei media di influenzare le opinioni e le scelte dei cittadini elettori, mentre il modello di propaganda teorizzato da Edward S. Herman e Noam Chomsky tentava di spiegare la presunta distorsione dei mass media in termini di cause economiche strutturali. Così, l’artista australiano d’adozione, stimolato da questa consapevolezza critica, riflette sulle illusioni create dalla stampa internazionale per distrarre e manipolare l’opinione pubblica, attraverso la sovrapposizione di immagini di guerra, miseria e morte a Chernobyl e Baghdad, in Libano o in Africa con le copertine di periodici di moda, decorazione d’interni, cibo, viaggi e finanza.
A questa recente serie fotografica, intitolata
Necessary Illusions (2008) e somigliante ai décollage di
Mimmo Rotella,
si aggiungono quattro immagini della serie
Abstract Particulars (2006), risultato degli scatti effettuati su un promontorio vicino alla casa dell’artista a Palm Beach, nella fascia subtropicale a nord di Sydney. Nelle immagini idilliche dell’Oceano Pacifico sono inserite coppie di parole da una battuta del
Re Lear shakespeariano, nel momento della sua più profonda disperazione: “
Chi può dirmi chi sono?”.
Un gioco ambiguo, incentrato sull’essenzialità dei termini, tra il sogno della visione paradisiaca e l’incubo della disperazione per la ricerca dell’identità perduta, che si associa alla terza serie in mostra,
Proximity (2002). In confronto alle ampie visioni in esterno della serie precedente, questa è certamente più intimista, realizzata con immagini catturate dentro e nei dintorni di casa. Le immagini composte attraverso multi-esposizioni -da un minimo di quattro a un massimo di dieci scatti sovrapposti- includono riflessi, finestre, alberi o particolari di piante selvatiche australiane in cui la luce scoppia, fino a raggiungere il limite imposto dal supporto.
Così, la critica alla manipolazione dell’opinione pubblica attraverso le immagini, la disperazione nella solitudine e la ricerca interiore conformano tre modelli, diversi ma analoghi. Per lottare contro l’inesorabile smarrimento dell’identità.