Per fortuna che c’è
Cy Twombly (Lexington, 1928; vive a Roma). Questa non è un’affermazione che viene solamente dalla inevitabile considerazione per l’opera del grande artista americano (che dal 1957 si è stabilito in Italia), ma è soprattutto dovuta all’apertura – nel vero senso della parola – che la Gnam ha apportato per poter ospitare la mostra curata da Nicholas Serota e organizzata in collaborazione con la Tate Modern di Londra e il Guggenheim di Bilbao.
Vale a dire che la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (e quindi l’architetto curatore dell’allestimento,
Federico Lardera) ha evitato di utilizzare i pannelli per delimitare la vista sul giardino interno del Museo, lasciando che la luce entrasse nella Sala delle Colonne e in quelle attigue. Se si pensa che ciò sia poca cosa, basta visitare la prima retrospettiva di Twombly a Roma, comprendente circa settanta opere e un lasso temporale che va dal 1951 al 2009.
Altra novità? Viene suggerita dal primo pannello esplicativo della mostra: visitare l’esposizione in senso contrario, dai lavori più recenti a quelli più datati, in modo da poter cogliere appieno la variazione e l’
iter dello stile dell’artista, che pur tuttavia rimane fedele all’interesse per l’arcaico e il mitico.
Dalla serie
Bacchus (2005) – che denuncia la guerra in Iraq, accosta il vino al sangue, rende l’impeto, la foga e la poca chiarezza/lucidità di un conflitto dai risvolti intricati – s
i passa alle opere immerse nel candore della Sala delle Colonne, in una disposizione di chiara impronta british, come se si trattasse d’un grande
open space. Al centro sono collocate sculture realizzate con materiali di scarto, ricoperte di vernice bianca, con richiami vegetali, naturali e addirittura bucolici.
L’influsso dell’ambiente mediterraneo nel background espressionista americano di Twombly è netto nelle
Quattro Stagioni (1993-95), quattro tele poste ad angolo, come nei tre dipinti facenti parte del gruppo – mai esposto prima –
Untitled (1985), eseguito a Bassano in Teverina e in cui si nota l’ascendenza dalla pittura veneziana di
Giambattista Tiepolo.Andando a ritroso, è forte l’impatto materico della seconda versione di
Treatise on the Veil (1970), l’opera più estesa in mostra, che campeggia come una grande lavagna sulla quale sono appena accennati alcuni segni grafici. Questi ultimi, nelle opere dei primi anni italiani – come
The Italians (1961),
School of Athens (1961) e
The Second Voyage to Italy (1962) – sono alternati a grumi di colore che sembrano annunciare la “futura materialità” del rapporto tra il Belpaese e l’artista americano.
Vicino a
Robert Rauschenberg e a
Franz Kline, il suo legame innovativo con la Gnam è anche figlio del fatto che fu proprio Palma Bucarelli, storica soprintendente della Galleria Nazionale, a presentare la prima mostra europea di Twombly, tenutasi alla Galleria La Tartaruga nel ‘58. E in mostra c’è pure un dipinto appartenuto proprio a Bucarelli.
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Cy è veramente il numero 1.
Non ci sono altre parole.
Deve essre una mostra molto bella ed e' un peccato non poterla vedere dal vivo od almeno avere il catalogo,che purtropo costa molto.
una mostra che rimane nella mente, soprattutto di chi si ciba d'arte e ultimamente sta un pò a digiuno.