Già il semplice titolo della mostra suscita alcune perplessità, che affollano i pensieri dei più scettici. Da zero ad infinito . Variazioni sul tema della mostra di Londra.
Se ci si voleva porre come contraltare al progetto espositivo della Tate Gallery, che nel mese di maggio inaugurerà la mostra-omaggio all’Arte Povera (Zero to infinity, Arte Povera, Art without limits 1962-72) siamo un tantino lontani dall’intento.
L’esposizione in corso alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma a prima vista potrebbe sembrare un omaggio ad alcuni degli esponenti di spicco dell’Arte Povera: Pascali, Paolini, Zorio, Pistoletto .
Una manciata di opere, tempestivamente prelevate dai depositi della galleria e tirate a lucido per l’occasione, si trovano a dover rappresentare – secondo le curatrici Sandra Pinto e Livia Velani – il punto di svolta dell’arte italiana, il superamento dell’oggetto artistico tout court a favore di nuove forme d’espressione (il polimaterico, le contaminazioni di oggetti poveri e quotidiani con il supporto tradizionale del quadro, l’installazione).
A ben guardare però, gli artisti in mostra sono molti di più: alcuni achrome di Manzoni, sono accostati alle “superfici” di Castellani e Lo Savio e a “Buco” di Luciano Fabro , che campeggia sola, in un angolo del salone.
Spieghiamo: l’intento dell’esposizione è quello di chiarire il concetto di azzeramento del medium tradizionale (pittura e scultura) innescato dalle ricerche di Castellani e Lo Savio sul finire degli anni ’50 e proseguito dal dissacratorio Piero Manzoni nei primi anni ’60, per sottolineare infine il suo rinascere a nuova forma, con il “mare” di Pascali, i quadri specchianti di Pistoletto e la colonna di Zorio, che irrompono prepotentemente sulla scena artistica internazionale alla fine del fortunato decennio.
Un proposito ambizioso, quello della curatrice. Purtroppo però, poco recepito: non ci sono pannelli didattici a chiarire i propositi della mostra, il cui vero senso e le sottili implicazioni, inevitabilmente, sfuggono ai più. Nulla da dire sulle opere esposte, in quanto ci si trova di fronte a veri e propri capolavori. Qualche appunto invece sull’allestimento: francamente, non ricordo di aver mai visto 32 mq di mare circa tingersi di uno strano colore azzurrino, né credo che lo scotch bianco intorno al Senza Titolo di Zorio doni particolarmente all’opera. Decisamente interessante la ricostruzione del garage della galleria l’Attico di Fabio Sargentini (compresa la saracinesca con il fiore nero di Kounellis ). All’interno, è possibile vedere alcuni filmati storici degli anni ’60. Purtroppo per vederli c’è bisogno di una buona dose di fortuna: le proiezioni sono programmate solo due volte al giorno, alle 11 e alle 16.00.
La sensazione che si ricava da una visita al salone centrale della Galleria Nazionale è quella che si ha entrando in un bazar, dove gli oggetti sembrano trovarsi lì per caso, senza una ben precisa ragione.
Ma andateci. Un pregio questa mostra ce l’ha: finalmente ha sottratto le opere dei più grandi artisti italiani dall’oblio dei depositi per restituirle alla fruizione del pubblico. Approfittatene.
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paola capata
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Mica capito... cioé: dobbiamo aspettare che gli stranieri si accorgano della ricerca condotta nel nostro paese per trovare il coraggio di esporre capolavori di simile qualità? Possibile che ci debbano pensare prima gli altri a riscoprire la nostra arte e che noi non si sappia fare di meglio che prendere il treno inglese prima che ci sfugga? Io già me li vedo i direttori dei musei a rovistare nei depositi per vedere se c'è rimasto qualcosa di quella "ingombrante e muffosa paccottiglia poverista".
Mi trovo daccordo con la disamina critica della giornalista. Un vero scandalo!
Mi trovo d'accordo con capata..ho visto la mostra, splendide opere ma pessimo allestimento. Del tutto pretestuoso poi il taglio critico...
MA questa galleria nazionale io la ricordo con le file di ore fuori e con le mostre di Van Gogh, e ora? Signora Alessandra Pinto? Come la mettimao?
In Italia si prosegue indisturbati sul cammino dello snobismo culturale: la solita mostra della G.N.A.M. che non sa dire esplicitamente e in forme comprensibili a tutti quel poco che ha da dire.
Il mio apprezzamento invece per l'articolo di Paola Capata.