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La mostra “Autoreverse” del danese Thorsten Kirchhoff ha come termine d’ispirazione una serie di 5 film: Drive di Nicolas Winding Refn, Sucker Punch per la regia di Zack Snyder e Delitto Perfetto di Alfred Hitchcock, Twilight Zone di Rod Sterling e Last Days di Gus Van Sant.
I riferimenti dell’esposizione sono autorevolissimi. Però la mostra sa tenere in pugno il proprio pubblico? Provare per credere. L’esperimento è in atto alla galleria Montoro 12 fino al 24 dicembre.
Incipit. Una delle opere realizzate da Kirchhoff è un olio e si intitola Art Legò. Apparentemente non ha un richiamo diretto al mondo cinematografico è volutamente in stile Decò ma la forma con cui è concepita e la variazione e calibrazione dei colori può rimandare ancora al mondo televisivo.
Ricordate l’immagine fissa (proprio come una costruzione, un’assemblage di Lego) messa in onda come pausa alla fine delle trasmissioni? Ecco, si torna indietro agli anni 50, alla nascita del tubo catodico e al monoscopio.
Il set di un camerino messo nel centro della galleria che dà il nome alla mostra si riallaccia invece a Sucker Punch, alla storia di una ragazza, Babydoll, che viene rinchiusa dal patrigno in un manicomio con l’intenzione di farla lobotomizzare. I tentativi per sfuggire a quell’orribile destino la farà rifugiare in un mondo di pura fantasia dal quale inizierà a pianificare la sua evasione come “Alice in the Wonderland”
Lo stesso specchio del tavolino da trucco riflette l’altra opera, Emaptia enfatica.
Olio su tela e ombrellini con un gioco di spogliarelliste mute e immobili. Lo spunto è il film Drive dove c’è uno stuntman che di notte guida le auto durante le rapine. L’aggressivo protagonista si innamora di Irene, una vicina indifesa,che sarà perseguitato da una pericolosa organizzazione di criminali che circuiscono la ragazza.
Viene da Hitchcok l’opera finale, Dial K for Kirchoff. Nel film, Delitto Perfetto traduzione di Dail M for Murder si trasforma in un omicidio al contrario dove il sicario gabbato, diventa lui stesso vittima, e il mandatario arrestato.
La scena presa dall’artista è quella celebre dell’omicidio, delle ciabatte dietro la tenda oltre cui si nasconde non solo la verità ma pure l’inganno in cui si cade giocando con la vita degli altri.
Se il film, girato in un 3D ante litteram dove per la prima volta si sperimenta l’utilizzo della tridimensionalità nello spazio chiuso di un appartamento londinese, così Thorsten non è da meno e si confronta con il mondo della fisica quantistica e il paradosso di Erwin Schrodinger che voleva dimostrare l’impossibilità logica che una cosa può allo stesso tempo essere e non essere. Lato A e B.
Si mettono in discussione i principi fondamentali della razionalità che stabiliscono che una cosa sia quello che è, che non sia il contrario di ciò che è, e che se una proposizione è vera bisogna che la proposizione inversa sia falsa.
Bianco e nero. Da carnefici a vittime, ci chiediamo allora, perché le opere riflettono questo stato. L’arte ha a che fare con questo perverso autoreverse? Dove l’artista e l’arte stessa rischiano di cadere in questo pericoloso tranello?
Anna de Fazio Siciliano
Dal 19 novembre al 24 dicembre 2014
Thorsten Kirchhoff, Autoreverse
Montoro12 Contemporary Art
Via di Montoro 12, 00186, Roma
Orario: Martedì a Sabato, dalle 15 alle 19, o su appuntamento
Info: www.montoro12.it – tel. 06 68308500