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15
gennaio 2009
fino al 25.I.2009 Massimo Pulini Roma, Romberg
roma
Qualche passo indietro alla riscoperta dell’arte, per chi dell’arte ha scritto, studiato e praticato. Pulini torna a Roma, raccontandosi interprete e innovatore. Tra eclissi di materia e pittura...
Quando un corpo celeste, pianeta o satellite che sia, s’intromette nel fascio di luce che il Sole proietta su un altro corpo, ha inizio l’eclissi. Sovrapposizione astronomica che offusca quest’ultimo e lo investe di un’ombra momentanea, nascondendolo temporaneamente.
L’Eclissi di Massimo Pulini (Cesena, 1958) non avviene nell’irraggiungibilità dell’etere, ma su molteplici superfici di materia: rocchetti di legno, dischi in alluminio, ceramica e ardesia sono infatti i piani di lavoro su cui l’artista riscopre e reinterpreta un Seicento perfezionista e vivo, in cui l’Italia e le Fiandre s’incontravano per scambiare le proprie forme d’arte.
Opere di Tiziano e Velázquez, ma anche di Memling e Bosch prendono corpo sulle superfici più varie, incontrandosi come per Il sogno di Diego (1983), in cui il legno di una vecchia ruota fa da “tela” a oli levigati e uniformi, quasi a rendere la doppia citazione pittorica secentesca una proiezione a colori ravvicinata. La mostra gioca sulla diversità dei materiali e sfila l’antologica ricerca di Pulini, tralasciando un ordine cronologico d’appartenenza, per mostrare al contrario una vastità produttiva che si muove dagli anni ’80 fino ai giorni nostri.
Incisioni su vetro o plexiglas di figure mitiche e oli bianchi di fuggevoli contorni umani ricamano una trama sottile sulla circolarità di materiali diversi e costellano, all’interno di un nuovo “sistema planetario”, la scrittura personale di Pulini, dall’arte moderna a quella contemporanea.
Il tema di una duplice figurazione che si muove dalla sovrapposizione
gestuale del segno pittorico sino a quella manuale dell’oggetto che lo contiene viene riproposta dall’artista stesso al piano inferiore. Oltre cento negativi in vetro, graffiati da una pittura bianca, raccontano la ricerca storico-artistica di Pulini sulle fotografie dell’Archivio Villani di Bologna. Oggetti d’arte ma anche di vita quotidiana, persone e architetture o sculture alternano i grigiori della loro stampa dietro a rappresentazioni di poliedri geometrici leonardeschi o nudi neoclassici bianchi.
Le lastre già impresse d’arte documentaristica sono esasperate da un contenuto aggiunto, quello dipinto da Pulini, divenendo duplice testimonianza storica: la fotografia che ricorda il passato e il segno che interpreta il presente. Non c’è colore e non ci sarà fino alla fine degli anni ‘90, quando gli smalti industriali sprigioneranno macchie cromatiche su volti femminili e maschili, e l’uomo diverrà così un campo di studio termografico, sostituendosi ai disegni bianconeri su radiografie in negativo.
È dunque il “penultimo” Pulini quello che vediamo, quello meno contemporaneo eppure sempre attuale. L’esposizione racconta un’antologica sovrapposizione del doppio artistico, figurativo e materico, reinterpretativo e unico, mostrando insieme il carattere storico-critico di Pulini, artista e ricercatore di una “pittura saggistica”, scriveva Maurizio Calvesi nel 1997, “definita un’autentica ‘ars memoriae’, non come arte del ricordare, bensì come memoria che tra delicatezza e potenza richiama a sé l’arte”.
L’Eclissi di Massimo Pulini (Cesena, 1958) non avviene nell’irraggiungibilità dell’etere, ma su molteplici superfici di materia: rocchetti di legno, dischi in alluminio, ceramica e ardesia sono infatti i piani di lavoro su cui l’artista riscopre e reinterpreta un Seicento perfezionista e vivo, in cui l’Italia e le Fiandre s’incontravano per scambiare le proprie forme d’arte.
Opere di Tiziano e Velázquez, ma anche di Memling e Bosch prendono corpo sulle superfici più varie, incontrandosi come per Il sogno di Diego (1983), in cui il legno di una vecchia ruota fa da “tela” a oli levigati e uniformi, quasi a rendere la doppia citazione pittorica secentesca una proiezione a colori ravvicinata. La mostra gioca sulla diversità dei materiali e sfila l’antologica ricerca di Pulini, tralasciando un ordine cronologico d’appartenenza, per mostrare al contrario una vastità produttiva che si muove dagli anni ’80 fino ai giorni nostri.
Incisioni su vetro o plexiglas di figure mitiche e oli bianchi di fuggevoli contorni umani ricamano una trama sottile sulla circolarità di materiali diversi e costellano, all’interno di un nuovo “sistema planetario”, la scrittura personale di Pulini, dall’arte moderna a quella contemporanea.
Il tema di una duplice figurazione che si muove dalla sovrapposizione

Le lastre già impresse d’arte documentaristica sono esasperate da un contenuto aggiunto, quello dipinto da Pulini, divenendo duplice testimonianza storica: la fotografia che ricorda il passato e il segno che interpreta il presente. Non c’è colore e non ci sarà fino alla fine degli anni ‘90, quando gli smalti industriali sprigioneranno macchie cromatiche su volti femminili e maschili, e l’uomo diverrà così un campo di studio termografico, sostituendosi ai disegni bianconeri su radiografie in negativo.
È dunque il “penultimo” Pulini quello che vediamo, quello meno contemporaneo eppure sempre attuale. L’esposizione racconta un’antologica sovrapposizione del doppio artistico, figurativo e materico, reinterpretativo e unico, mostrando insieme il carattere storico-critico di Pulini, artista e ricercatore di una “pittura saggistica”, scriveva Maurizio Calvesi nel 1997, “definita un’autentica ‘ars memoriae’, non come arte del ricordare, bensì come memoria che tra delicatezza e potenza richiama a sé l’arte”.
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mostra visitata il 9 dicembre 2008
dal 5 dicembre 2008 al 25 gennaio 2009
Massimo Pulini – Eclissi
a cura di Italo Bergantini e Gianluca Marziani
Romberg Arte Contemporanea
Piazza de’ Ricci, 127 (zona campo de’ Fiori) – 00186 Roma
Orario: da martedì a sabato ore 14-19.30 o su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 0668806377; artecontemporanea@romberg.it; www.romberg.it
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