Marco Palombi (Roma, 1959), fotografo freelance, autore di
numerosissimi reportage pubblicati su molti periodici italiani ed esteri, è il
protagonista della personale
Fashion Victims. Sono in tutto 16 scatti in bianco e nero, realizzati
ai quattro angoli del mondo, ognuno dei quali rimanda necessariamente
all’altro, nonostante la diversità dei luoghi immortalati. Uno sguardo attento
e curioso, quello che guida la macchina fotografica dell’artista, capace di
cogliere con grande semplicità le contraddizioni che legano il mondo
occidentale a quello orientale.
Cellulari, parabole,
carrelli della spesa, occhiali da sole, cineprese, negozi di computer (che,
colorati in rosso, si stagliano sul bianco e nero delle fotografie) si
inseriscono in un universo composto da volti scavati dal sole, mani abituate a
lavorare, greggi di bestiame, sacchi di spezie e sementi, templi, deserti
aridi, donne e uomini vestiti in abiti tradizionali. Fino ad arrivare alla
struggente immagine (
Dust, 1991)
che ritrae un gruppo di bambini denutriti e vestiti di stracci, pronti a
correre nella polvere nel tentativo di afferrare un palloncino che vola in
cielo.
Eppure, i protagonisti
delle foto, sebbene l’intrigante titolo della mostra le indichi come “vittime”,
appaiono in realtà come inconsapevoli attori di uno spettacolo che non hanno
scelto né sanno di recitare. Con la maschera dell’emancipazione sulla faccia,
questi protagonisti mostrano con estrema evidenza quanto sia stridente il loro
rapporto con il nostro mondo tecnologico, fatto di ricchezza, futilità, inutili
oggetti, continue corse contro il tempo verso chissà dove.
Il nostro civile Occidente,
che così prepotentemente invade l’Oriente, sembra infatti insinuarsi in modo
subdolo in millenari secoli di tradizioni, di riti, di costumi sociali e leggi
immutabili, corrodendoli lentamente e in modo inesorabile. Volgendo lo sguardo,
quegli stessi oggetti presenti negli scatti si materializzano, sempre e
rigorosamente colorati in rosso, nello spazio della galleria, creando un
intrigante continuum fra l’interno e l’esterno dell’opera.
Quasi a voler compiere un
estremo tentativo di purificazione, l’artista – rendendo tangibili gli oggetti
e catapultandoli nella realtà – sembra voler ripristinare un equilibrio ormai
perduto: quei paesi e quei popoli devono poter ritrovare la loro essenza
incontaminata e mantenere la propria identità, senza lasciarsi confondere dal
consumismo. È questo che sottolinea con insistenza l’obiettivo di Palombi,
testimone partecipe di un’epocale, assurda, affascinante trasformazione che
coinvolge il Sud del mondo.
Ciò che senza dubbio
colpisce il fruitore e che costituisce il valore dei suoi lavori è la capacità
che Palombi mostra, ossia saper scegliere il giusto taglio da dare all’opera,
senza per questo manipolarla. Lasciando che sia la realtà di paesi per noi
lontani a parlare da sé, con la sola forza dell’immagine.